Quando, a fine anno, il CENSIS rende noti numeri e percentuali con cui l’Italia viene profilata, i termini giornalistici più usati descrivono sempre scenari d’incertezza: “luci ed ombre” o “bicchiere mezzo pieno e mezzo vuoto”.
Il giornalista francese de Le Figaro, Alphonse Karr, poi fondatore del settimanale satirico “Vespe”, affermava: “Il peggiore di tutti i mali è l’incertezza” ed a leggere il resoconto dell’Istituto di ricerca socio-economica italiano non gli si può certo dar torto.
Il CENSIS, nelle sue considerazioni oltre i numeri, riconosce l’esistenza della ripresa economica. Ne dovremmo essere tutti contenti ed invece quel che segue nel rapporto ci consegna uno stato depressivo diffuso nella popolazione italiana.
Il dato drammatico dell’oltre milione e mezzo di famiglie e dei 4,7 milioni di individui che vivono in povertà assoluta viene così interpretato: “Non si è distribuito il dividendo sociale della ripresa economica e il blocco della mobilità sociale crea rancore”, “la paura del declassamento” diventa “il nuovo fantasma sociale”.
Di indubbia interpretazione i dati riferiti al fenomeno immigratorio: sentimenti negativi da parte del 59% della popolazione, con il 70% di casalinghe e disoccupati ed il 60% di operai. Viene chiamato “Rimpicciolimento demografico” la riduzione della natalità, l’aumento degli anziani ed il calo della popolazione, laddove per le donne italiane il numero medio di figli è di 1,26 mentre quello delle donne straniere è di 1,97. Nel 1991, i giovani fino a 34 anni rappresentavano il 47,1%, oggi il 34,3%. Nel 2016, i trasferimenti di Italiani all’estero sono triplicati rispetto al 2010, mentre gli over 64 rappresentano il 22,3% della popolazione e, nel 2023, saranno il 28,2%. “Rimpicciolimento demografico” significa anche “povertà del capitale umano immigrato e polarizzazione dell’occupazione che penalizza l’ex ceto medio”.
Il CENSIS ci fa sapere che l’88,5% dei dipendenti stranieri (1,8 milioni di persone) fa l’operaio, gli italiani sono il 41%. Solo il 9,9% degli stranieri lavora come impiegato, contro il 48% degli italiani. Pochi i quadri e i dirigenti stranieri, tanto da far affermare che “Manca una visione strategica che, al di là dell’emergenza e della prima accoglienza, valuti nel medio-lungo periodo il tema della povertà dei livelli di formazione e di competenze del capitale umano che attraiamo”. Esempio: solo l’11,8% degli immigrati che arrivano in Italia è laureato, contro una media europea del 28,5%.
Capitolo giovani laureati. Il 50% si dichiara pronto ad essere assunto all’estero. Gli assunti in Italia hanno uno stipendio medio di 1.124 euro, all’estero di 1.656 euro; per i soli ingegneri 1.614 euro contro i 2.619 euro.
In un quadro di questo tipo, la sfiducia degli Italiani, nei confronti della politica e delle Istituzioni, è molto alta. Il CENSIS ci dice che l’84 % degli italiani non crede nei partiti politici, il 78% nel governo, il 76% nel Parlamento, il 70% nelle Regioni e nei Comuni. Il 64% è convinto che la voce del cittadino non conti nulla.
In definitiva, “L’Italia sta abdicando rispetto al suo futuro che è di fatto rimasto incollato al presente” e, mancando di “un ordine sistemico, la società italiana ha compiuto uno sviluppo (questa la metà piena del bicchiere) senza espansione economica (questa quella vuota)”.
Quasi un Italiano su due, nel 2016, ha acquistato prodotti o servizi in nero, senza fattura o scontrino, lo hanno dichiarato in 28 milioni e mezzo: idraulici, elettricisti, imbianchini, artigiani in genere, professionisti e strutture sanitarie, bar, pizzerie e ristoranti.
Nell’economia nazionale, va molto bene il settore turistico. Nel 2016, gli arrivi sono stati quasi 117 milioni e le presenze 403 milioni. Nella movimentazione turistica complessiva, gli stranieri hanno rappresentato quasi il 50%. La tendenza per il 2017 segna persino un ulteriore aumento. Nulla da dire, l’Italia, con gli immortali segni della sua storia e l’eccellenza delle sue caratteristiche ambientali è una vetrina per il resto mondo, un Paese in vendita.
Ciò evidenziato, il CENSIS ci dice che quasi il 90% degli italiani di ceto popolare, l’83,5% del ceto medio ed il 71,4% del ceto benestante ritengono difficile risalire, in termini economici, la scala sociale.
Dietro tutti questi numeri e percentuali si nasconde la profonda trasformazione dell’Italia. Anche volendo assumere, per carità di Patria, il nostro bicchiere mezzo pieno, vien da pensare che tanto vale bersi quel che resta e vivere ubriachi ancora qualche anno. L’alternativa risiede nella consapevolezza di doversi riappropriare di una identità da cui trarre elementi di forza per reagire, in termini di sentimento di appartenenza e cultura del progresso, aspetti che da noi sembrano dimenticati.
Se persino la Chiesa oggi abolisce ufficialmente il “limbo”, occorre avere la forza di scegliere per non essere scartati, per non vivere nell’incertezza che, tra tutti i mali, è il peggiore.