Un nuovo fronte di polemica si è aperto, in questi giorni, a Vasto. Da tempo era nell’aria la notizia della possibile apertura, a Punta Penna, di uno stabilimento per la lavorazione di leganti idraulici, vale a dire, cemento. La struttura è prevista nella zona industriale ma all’interno della fascia di protezione esterna della Riserva naturale di Punta d’Erce, nei pressi di un sito di importanza comunitaria (SIC), territorio ricompreso nel piano di assetto naturalistico (PAN) della Riserva regionale.
L’operazione sta seguendo l’iter autorizzativo ed il passaggio, oggi sul tavolo, vede la richiesta di Valutazione di Incidenza Ambientale (VINCA) presentata nel maggio del 2016.
Per chi non è del mestiere e per chi, tecnicamente, non è in grado di valutare quale siano, concretamente, gli effetti dell’attività svolta dall’opificio, è impossibile esprimere giudizi circa il grado di inquinamento sull’ambiente circostante. Oltretutto, non può certo essere l’appartenenza a tifoserie a tracciare la linea di demarcazione circa ciò che supera un determinato impatto su di un territorio, ancorché più sensibile di altri, e quel che, invece, rimane al di qua di un limite comunque prefissato da norme e leggi. E’ per questo che, in una materia per di più così delicata, esistono norme, leggi e procedure. Cinquant’anni fa il problema non si sarebbe neanche posto nell’area di Punta Penna, oggi sì e meno male. Nella fattispecie, gli organismi chiamati ad autorizzare o a dar diniego dovranno valutare se, nella struttura, avverranno manipolazioni tali da incidere, oltre la misura, sull’ambiente circostante. La materia del contendere non è affidata alla decisione di una “parte”, né a quella del mondo della produzione né a quella che, più di ogni altra, mostra di aver a cuore la tutela dell’Ambiente.
Qualunque intervento umano incide su di un determinato spazio fisico, è da valutare se tale incidenza sia “sostenibile” nei termini ambientali, sociali ed anche economici. A chiunque piacerebbe vivere in un luogo incontaminato ed al contempo godere di un’economia dal benessere diffuso ma ci si chiede: è questo mai immaginabile, in un luogo che non sia un atollo tropicale, laddove è possibile cibarsi dei frutti della terra e riscaldarsi al chiarore dei falò? A chi scrive piacerebbe moltissimo trascorrerci quel che resta della vita. Purtroppo, nelle società diversamente organizzate, è indispensabile e vitale cercare, per poi trovare, giusti equilibri; ogni altro atteggiamento è fuorviante, illusorio ed anche egoistico.
Tornando a Punta Penna, il problema è un altro e la sua soluzione risiede nelle scelte di politica amministrata. E’ chiaro che, in un’area in cui insistono, nei medesimi spazi e nello stesso tempo, zona industriale e Riserva naturale e laddove, per di più, sono tra loro labili i confini, qualsivoglia semplice idea progettuale sarà sempre oggetto di contese e polemiche risolvibili a spallate, sia pur sempre definite dalle norme di legge esistenti (immaginiamo se neanche ci fossero…).
Si ha il dovere civico e morale di dar valore al territorio che siamo stati chiamati a vivere. Dar valore significa valorizzarne l’esistenza, assecondandone le vocazioni, nel rispetto dei più aspetti propri di una comunità organizzata: sociali, ambientali ed economici. L’unica possibilità per non macerarsi, ancora e sempre, negli imbarazzi che impediscono, oramai da decenni ed attraversando tempi di crescita e depressione, lo sviluppo della città è determinare, consapevolmente, un percorso che la proietti nel futuro. Se non si avrà questa capacità, rimarranno così le cose; dovranno essere rispettate le norme esistenti, sia quelle che disciplinano in materia di insediamenti industriali sia altre che, al contempo, impediscono altro tipo di realizzazioni in un territorio di elevatissimo pregio turistico e la cui vocazione all’accoglienza è universalmente riconosciuta.
Se non si vogliono industrie, si decida e disciplini affinché l’area di Punta Penna, il suo contesto territoriale, possano offrire motivo per creare comunque benessere, anche economico, nel rispetto di nuove norme che ne regolino l’utilizzo, in una visione diversa da quella attuale, con la realizzazione di servizi e strutture rivolte all’accoglienza turistica e la cui incidenza ambientale sarà certamente minore rispetto a quella prodotta da un qualsivoglia insediamento industriale. Caso contrario, tacciano le tifoserie, si soffochino le polemiche e non si intralci chi si prefigge di muovere economia, sempre che la loro azione sia condotta in ossequio alle norme esistenti.
Per modificare una realtà, soprattutto economica, occorrono tempo, coraggio e volontà, se non si hanno, meglio tacere. Questi non sono i tempi della contemplazione, solo le stelle stanno a guardare… loro se lo possono permettere.