Quattro strade e un anno di tempo. Quattro proposte per scongiurare il rischio licenziamento per 190 persone. Le rivolgono i sindacati ai vertici della Pilkington di San Salvo, la fabbrica più grande del Vastese e la più importante della multinazionale giapponese del vetro, la Nippon sheet glass.
Nell’autunno del 2008, anno in cui è iniziata la crisi, Pilkington, come tutto il settore automobilistico, ha iniziato ad arrancare. Sono trascorsi nove anni.
I contratti di solidarietà hanno salvato tutti i posti di lavoro a tempo indeterminato: lavorare meno, accettando una riduzione dello stipendio, ma lavorare tutti. Oggi, però, l’azienda e i sindacati devono cercare una via d’uscita definitiva, perché la legge non consente più di tre anni di solidarietà nell’arco di un quinquennio. Rinnovando a luglio e fino al prossimo 31 agosto il contratto di solidarietà, i vertici della società e i rappresentanti dei lavoratori si sono giocati l’ultima carta che avevano nel mazzo degli ammortizzatori sociali.
Dal primo settembre 2018 la fabbrica dovrà camminare sulle proprie gambe. E sulle proprie linee produttive, tenendo a bada anche la concorrenza interna al gruppo, quella dell’Est Europeo.
Ecco le quattro strade che il sindacato vuole percorrere per scongiurare definitivamente l’esubero di 190 posti, più del 10% dei circa 1800 totali.
Produzione – “L’obiettivo principale deve essere quello di ricaricare gli impianti per portarli tutti a 4 turni, quindi a pieno regime, attraverso nuovi prodotti da quotare sul mercato. Qualcosa, in questo senso, si sta già muovendo nel settore temperati TGH”, spiega Emilio Di Cola, segretario provinciale della Filctem-Cgil.
Stop alle esternalizzazioni – “Svolgere un in-sourcing: fare in modo che le attività ora svolte da imprese esterne passino ai dipendenti della Pilkington: questo può avvenire per i trasportatori e i manutentori elettrici e meccanici”.
Fabbriche satellite – Per il trasferimento di lavoratori alle fabbriche satellite Primo e Bravo dello stesso sito produttivo di Piana Sant’Angelo, il sindacato piazza alcuni paletti prima dell’avvio della trattativa: “La Primo – fa i conti Di Cola – a febbraio avrà bisogno di 20-25 nuovi dipendenti. Verificheremo se è possibile un trasferimento volontario di lavoratori, a partire dagli 11 assunti col Jobs Act, e chiederemo che, in caso di spostamento, si applichino le tutele precedenti la riforma, in particolare la garanzia dell’articolo 18 dello statuto dei lavoratori, ossia la reintegra nel posto di lavoro in caso di licenziamento individuale ingiustificato”
Lavori usuranti – “Faremo – annuncia Di Cola – una battaglia per il riconoscimento dei lavori usuranti a quegli operai che lavorano ai forni di fusione, in modo che possano ottenere un abbuono di tre anni per la pensione e garantire il turn-over, oltre all’assorbimento di una parte degli esuberi”.
La trattativa decisiva è in programma nella primavera del 2018.