Spesso dimentichiamo quanto, dal Vangelo, possano essere tratti insegnamenti di vita utili in ogni tempo e per ogni dove.
Barabba era un ebreo detenuto dai Romani, a Gerusalemme e per omicidio, negli stessi giorni in cui imprigionato era Gesù, il Cristo. I sacri testi ci tramandano come l’allora Governatore romano, Pilato, fosse solito, in occasione delle festività di Pasqua, rilasciare un prigioniero su decisione del popolo.
In una sorta di quel che oggi chiameremmo assemblea popolare convocata sul Litostrato, davanti al Pretorio, la domanda referendaria rivolta al popolo fu: “Chi volete che vi rilasci, Barabba o Gesù chiamato il Cristo?” La risposta la conosciamo, Barabba fu liberato. Matteo evangelista narra del quesito successivo posto alla folla: “Che farò dunque di Gesù, chiamato il Cristo?” ed ottenne corale risposta: “Sia crocifisso!”. Pilato, dopo le note abluzioni, lo consegnò ai soldati per l’esecuzione e la scelta democratica e popolare fu, così, compiuta.
Quando, qualche giorno prima, Gesù giunse a Gerusalemme, lo accolse una folla festante e si narra fu il denaro di Caifa, sommo sacerdote e capo del sinedrio ebraico, a ribaltare il sentimento popolare, determinando la morte di Gesù e così sopprimendo ogni dignità del popolo.
Cambiate le cose che bisogna siano cambiate (mutatis mutandis), in termini di epoca, personaggi, tipo di prebenda e quanto altro possa apparir fuorviante, resta, monito imperituro, la sostanza degli avvenimenti che segnano il comportamento dei molti che ritengono di possedere opinioni ed alti ideali, qualità che, alla prova dei fatti, neanche un microscopio a forza atomica riuscirebbe ad individuare. E’ l’ipocrisia, il mentire sapendo di mentire.
Tutti corrotti dal denaro coloro che scelsero Barabba? Difficile credere che il budget destinato fosse sufficiente a convertire la moltitudine. La differenza per raggiungere l’unanimità fu, verosimilmente, colmata non dall’interesse ma dalla suggestione e dal condizionamento, grazie al plagio fascinoso ed influente dei sacerdoti del tempo in grado di alimentare emozioni sufficienti e necessarie a formare un convincimento talmente diffuso da diventare verità.
All’intelligenza speculativa dei corrotti dal denaro si aggiunsero, quindi, stoltezza, ingenuità e credulità; una miscela dirompente capace persino di stabilire essere giusta una scelta che giusta non fu. Ben lo sanno i manipolatori di coscienze, personaggi capaci, in ogni tempo, di salvare Barabba per mano della folla.
In grado di scelte consapevoli e libere è quel popolo i cui individui sanno governare i propri sentimenti e domare la propria avidità, analizzando cosa e chi genera i primi e riconoscendo valore alla propria dignità. Nella stagione della facile comunicazione di massa è certo più difficile riconoscere i virus che minano la coscienza, così come è faticoso, in tempi di scarso benessere, rinunciare al soldo, utilità spesso coniugata soltanto alla promessa di un posto di lavoro o di un reddito di cittadinanza; la posta in gioco è la forza culturale di un popolo, senza la quale si è preda dei Caifa e degli istrioni di ogni tempo.
Tornano utili gli insegnamenti del Vangelo, soprattutto se riflettuti al di qua del Tevere. Messaggi la cui forza politica è sempre viva e da cui vale tuttora la pena attingere principi e precetti.
Il realismo di questo passo del Vangelo è dirompente. Immaginiamo se la folla, sul Litostrato, davanti al Pretorio, nel cogliere l’alternativa offerta da Pilato, avesse liberato Cristo: il messaggio cristiano avrebbe consumato ed esaurito, allora, tutto il valore che, invece, ancor oggi possiede, nella consapevolezza di una prospettiva millenaria che giunge fino ad oggi, tempi in cui, in nome della moderna democrazia, siamo continuamente chiamati a scegliere tra Cristo e Barabba.