Ha 63 anni oggi Cesare Battisti, terrorista e scrittore italiano. E’ ancora adolescente quando si iscrive alla FGCI, componente giovanile del PCI. Lascia la scuola a 17 anni e l’anno dopo viene arrestato per la prima volta per una rapina, sino ad allora si era distinto soltanto per atti di teppismo e di piccola delinquenza. Nel ’74 viene arrestato per altra rapina, questa con sequestro di persona. Nel ’77, durante il servizio militare, l’arresto fu per un’aggressione ad un Sottufficiale dell’Esercito, questa volta in carcere ci andò ed è lì che conobbe l’ideologo dei “Proletari Armati per il Comunismo” che lo iniziò alla… carriera politica. In questa nuova veste, le rapine già compiute divennero “espropri proletari”, sostenendo il nostro che ancor prima del suo ingresso nei P.A.C. aveva militato nel gruppo armato Fronte Largo oltre che in Lotta Continua ed Autonomia Operaia. E’ bastato questo per fare di Battisti non un rapinatore o un delinquente abituale, tutt’al più un “malavitoso convertito alla politica”, ma un blasonato rivoluzionario comunista.
A Milano, partecipò alle azioni con rapine a banche e supermercati, e, successivamente, con alcuni omicidi di commercianti e appartenenti alle forze dell’ordine. Per questi reati fu rinchiuso in carcere ma, nel 1981, temendo per la propria incolumità, evase e fuggì in Francia. Infatti le condanne avvennero in contumacia, per omicidio plurimo, banda armata, rapina e detenzione di armi; in tutto, i processi furono sette, tanti quanti gli anni di carcere effettivamente scontati.
Negli anni ’90, scopertosi letterato, scrisse romanzi noir e di ispirazione autobiografica, ne ricavò un buon successo.
Ha vissuto la sua latitanza in Francia, in Messico e, dal 2004, in Brasile. Nel 2007 è qui che venne arrestato e detenuto fino alla metà del 2011 ma è proprio in Brasile che ottenne diritto d’asilo e visto permanente, oltre al rifiuto di estradizione perché soggetto al rischio di subire, in Italia, “persecuzioni a causa delle sue idee”. Fu, quindi, scarcerato, poiché la pena era stata irrorata solo per ingresso illegale tramite documenti falsi. Cesare rimase libero fino al marzo 2015, periodo in cui tornò in carcere per l’annullamento del suo permesso di soggiorno ma subito dopo fu ancora rilasciato. Allo stato dell’arte e per la legge brasiliana, i crimini commessi sarebbero caduti in prescrizione nel 2013. E’ storia di questi giorni il suo arresto per il tentato attraversamento, con documenti falsi, della frontiera con la Bolivia, la sua immediata scarcerazione con brindisi in mondovisione e la rinnovata richiesta di estradizione.
Se dovesse rientrare in Italia, nonostante la prescrizione di alcuni reati quali detenzione di armi, aggressione, ferimenti, cospirazione, associazione sovversiva, rapina e partecipazione a banda armata, dovrebbe scontare pene per due omicidi, in prescrizione nel 2023, e per altri due, non prescrittibili, perché puniti con l’ergastolo.
Se il nostro varcasse la soglia del carcere italiano dovrebbe scontare la pena cumulativa all’ergastolo che però non è un carcere a vita ma una pena di circa 26 anni, con la possibilità di ottenere permessi premio dopo 10 e semilibertà dopo 20. Dai calcoli aritmetici che la legge italiana consente e nel caso si consegnasse spontaneamente alla giustizia, considerando che per sette anni è già stato incarcerato nel passato, in teoria, dopo tre anni, potrebbe ottenere i permessi premio di cui sopra.
Delle vicende di Cesare Battisti sono ricchissime l’emeroteca internazionale e gli archivi giudiziari, tanti gli appelli, le richieste di indulto e le interpretazioni paraideologiche delle norme del Codice italiano e dei vari paesi ospitanti, ricerca di soluzioni che sono culminate con l’invito allo Stato italiano a “voltare la pagina” degli anni di piombo, “senza vendette tardive”. Per il terrorista fu chiesta anche la grazia “in quanto ha vissuto sempre in fuga e soffre di problemi di salute, in particolare una forma grave di epatite B, ulcera gastrica, glicemia e problemi nervosi”.
Nel corso delle sue vicende, Cesare ha ricevuto sostegno con raccolte firme, attestati di solidarietà e dichiarazioni contrarie alla sua ‘estradizione in Italia da parte di molti intellettuali, personalità della cultura e della politica: Gabriel García Marquez, Bernard-Henri Lévy, Valerio Evangelisti, alcuni esponenti sudamericani di Amnesty International; oltre cinquecento tra scrittori, intellettuali e rappresentanti di organizzazioni brasiliane non governative per i diritti umani. Alcuni scrittori italiani sottoscrissero per poi ritirare le loro adesioni.
Oggi, si è in attesa della possibile estradizione, poiché, così come dichiarato dal ministro della Giustizia brasiliano, Torquato Jardim, Cesare Battisti “ha cercato di uscire dal Brasile senza una ragione precisa, dicendo che stava andando a comprare materiale da pesca. Ma ha rotto il rapporto di fiducia perché ha commesso un illecito e lasciava il paese, con denaro oltre il limite consentito, senza motivo apparente” (viene in mente il caso di Al Capone, arrestato per evasione fiscale…).
Cesare, ancor oggi, dice: “Contro di me un complotto, dove io non volevo certo fuggire. Mi trovavo lì per vedere degli amici pescatori. Non ho mai avuto la minima intenzione di scappare in un Paese dove non so cosa succederà e lasciarne uno dove mi sento protetto”.
Una vicenda lunghissima, nata in anni terribili per l’Italia, storie di cui l’attuale generazione di ragazzi neanche vuol sapere, interessata com’è a tutt’altro. Chi, invece, ha vissuto quegli anni sa bene di cosa si parla. Probabilmente, se non fosse stato comunista, Battisti non avrebbe goduto di protezioni internazionali, in carcere ci sarebbe rimasto sin dalle prime condanne ed altri gravi reati sarebbero stati evitati. Forse, arriverà ad appellarsi al “diritto all’oblio” poiché il tempo deve poter cancellare tutto e perpetuare, così, la storia a senso unico.
Si dia a Cesare quel ch’è di Cesare: il carcere.