Da poco meno di un mese è il nuovo parroco di San Giovanni Bosco e direttore della Comunità Salesiana. Don Massimiliano Civinini, toscano di Prato, è arrivato a Vasto a settembre come successore di Don Francesco Pampinella, chiamato a dirigere la Comunità Artemide Zatti di Roma. Il suo ‘insediamento’ ufficiale come parroco, con la celebrazione presieduta dall’arcivescovo Bruno Forte, ci sarà il 25 novembre, ma il sacerdote salesiano ha già iniziato a lavorare a pieno ritmo nella sua ‘nuova casa’.
Quali sono state le tappe del tuo cammino prima di arrivare a Vasto?
Sono salesiano dal 1998 e sacerdote dal 2004. In questi anni ho vissuto in alcuni oratori, molti della Liguria come La Spezia, Genova Sampierdarena, Vallecrosia. L’anno scorso sono stato inviato in Sardegna per aprire la nuova casa di Olbia, che ancora fa fatica ad essere aperta e, in estate, mi hanno chiesto di venire a Vasto con un incarico che mi è nuovo perchè fino ad ora sono sempre stato incaricato dell’oratorio ed ora ho questa doppia immagine come direttore della Comunità e parroco.
Come hai deciso di diventare salesiano?
A Prato ci sono stati i salesiani tra la fine degli anni 90 e i primi anni 2000, una decina d’anni in cui ho vissuto l’esperienza di prenoviziato e poi sono andati via. È una storia un po’ triste perchè Prato è una città grandissima con una popolazione giovanile molto estesa tra cui moltissimi extracomunitari. Ci vorrebbero i salesiani. Il mio percorso però nasce in una parrocchia diocesana in cui però c’era un parroco molto devoto a Don Bosco. A 14-15 anni ho trovato un libro di Don Bosco in parrocchia e il mio parroco me l’ha regalato. L’ho letto e ne sono rimasto affascinato. Era il tempo in cui iniziavo anche a pensare quello che avrei fatto nel futuro e l’idea di essere prete per i giovani mi attirava, però non conoscevo i Salesiani. Ero già nel cammino del seminario quando, dopo un discernimento vocazionale, sono entrato nei salesiani ed eccomi qui.
[ads_dx]C’è ancora bisogno del carisma dei Salesiani, dei loro oratori, della loro presenza tra i giovani, nella società di oggi?
Nella nostra Italia ce n’è davvero tanto bisogno. Ripenso all’esperienza a Genova Sampierdarena, una zona della città che ha 30-40mila abitanti, di cui circa 15mila sono nella parrocchia salesiana. È un territorio occupato per un terzo da extracomunitari provenienti dall’America latina. I Salesiani sono lì da oltre 100 anni, è sempre stata una realtà aperta ai giovani ma la sfida di oggi è aprire il centro a questi nuovi giovani che vivono un pochino la diffidenza da parte degli italiani, come succede nei nostri ambienti. Da parte loro c’è anche un po’ il voler conquistare un territorio e qui nascono delle frizioni, delle difficoltà. Ma oggi per i Salesiani la sfida è proprio questa, far vivere i giovani italiani con tutti gli altri ragazzi. Basti pensare che a Sampierdarena avevo ragazzi di 44 nazionalità diverse.
Qual è stato il primo impatto con Vasto?
Io faccio una battuta e vorrei fossi capito. Mi sono detto: “Mi sento inutile perché è una realtà bella!”. Ho avuto modo di visitare velocemente la città ed è bella, si vede l’arte e si vede anche, in parte, la cura dell’arte. La parrocchie e l’oratorio le ho trovate come due realtà belle, funzionanti. Sicuramente con qualcosina da mettere a posto, come in tutte le famiglie, però vedere tanti giovani, tanti laici, tante famiglie impegnate, i tanti gruppi che si prendono cura dei giovani, mi fa dire che non devo “inventare” niente, devo solo entrare in questo fiume e continuare a navigare. Certo, tenendo sempre bene la rotta, ma questo è davvero un bel fiume.
Ora una duplice anima da curare, quella dei parrocchiani, con un’età più adulta, e quella dei giovani dell’oratorio. Come ti dividerai tra i due incarichi?
Ecco, questa è una divisione che faccio fatica a fare. Mi perdoneranno i parrocchiani che, fino ad oggi, mi hanno visto poco. Devo dire la verità, mi è difficile staccarmi da quella che è la storia dell’oratorio, la mia storia personale vissuta sempre in oratorio. Il mio intento pero è quello di creare davvero, come già c’è, sempre più sinergia tra l’oratorio e la parrocchia e viceversa. Queste non sono due anime ma due polmoni, quando ne anca uno il corpo va avanti lo stesso ma fa fatica a respirare. Quindi, la mia cura, come quella di tutti i salesiani presenti qui, sarà quella di tenere questi polmoni sempre ben allenati perchè questo corpo possa respirare sempre meglio. Il mio impegno, quindi, è di dedicarmi tanto alla parrocchia quanto all’oratorio. Una cosa che mi sono già prefissato è visitare le famiglie, incontrandole casa per casa.
A meno di ulteriori cambiamenti, perchè sappiamo che i salesiani sono soliti cambiare servizio anche spesso, sarai il parroco e direttore che accompagnerà l’opera di Vasto a superare la soglia dei 50 anni.
Ecco, anche questa è una cosa bella di cui, se volete ,mi sento un pochino un “ladro”. Raccolgo i frutti di quello che hanno seminato gli altri salesiani, i laici, i giovani nel passato. E il 50° è ormai alle porte! Ho già avuto modo di parlare un po’ con il sindaco e dovremmo poi dobbiamo parlarne con il vescovo. I salesiani sono già entusiasti così come i giovani, i laici, tutti i gruppi. C’è una storia che raggiunge l’apice del 50° ma dovrà essere una festa non solo nostra ma di tutta la città e tutta la nostra diocesi.
Com’è stato l’incontro con gli altri sacerdoti della città?
A parte la battuta facile che “i salesiani sono la chiesa nella chiesa”, è stato proprio grazie alla festa di San Michele arcangelo che ho incontrato gli altri sacerdoti. Ho trovato molta simpatia e disponibilità e anche un riconoscere ai salesiani il servizio che fanno verso il territorio e verso i giovani. Il nostro centro accoglie molti giovani, ragazzi che, qualche volta, vengono anche da altre parrocchie. Però ho visto da parte dei preti l’attenzione nel dire “va bene purchè facciano un cammino”. Questo è da apprezzare perche vuol dire che c’è una Chiesa che è attenta alla persona e non al proprio orticello da coltivare, con l’apertura verso tutti e alle altre esperienze. I salesiani mi sembra che siano amati dai preti che ho incontrato, mi hanno mostrato simpatia e anche una buona accoglienza.
Se dovessi scegliere tre pilastri su cui poggiare il tuo cammino qui a Vasto?
Li metterei così anche se non c’è una verta priorità: prima cosa creare comunità, creare sempre più unione, comunione, tutti collaborano al bene dell’altro e non a quello personale. Qui forse tocco un nervo un po’ delicato: superare i personalismi cioè dire “non sono io che devo emergere ma deve emergere tutta la realtà” e quindi “io sono al servizio” fino al punto di dire “quello che sono lo metto a disposizione così come sono e come vuole la comunità”. Poi l’attenzione ai giovani, anche più poveri. Nella prima mia omelia in chiesta ha toccato le “pietre di scarto”, so che non è facile, so che è un motivo copiato da papa Francesco ma davvero l’impegno dei salesiani deve essere quello di andare a cercare queste pietre di scarto che sono i giovani più a disagio, più deboli ma anche quelli che mostrano delle difficoltà relazionali di comportamento. Questo sarà un impegno difficile ma dobbiamo averlo nel mirino. Come ultima cosa l’unirci intorno al Signore Gesù. Non è una frase fatta, mi sto accorgendo da prete che se non abbiamo l’incontro con il Signore viene fuori tutto l’umano nostro che è fatto di fragilità, di peccati, di difficoltà. Quando incontriamo il Signore rimane la fragilità o il peccato ma tutti abbiamo un obiettivo che è quello di amarci, perché il Signore porta ad amarci ed ecco che si ritorna alla comunione. Quindi comunione, pietre di scarto e preghiera dovrebbero essere gli obiettivi del nostro cammino che poi non può prescindere da una vera formazione personale.