Se è vero che la notte porta consiglio, le ore successive al voto clamoroso scaturito dall’urna dell’Aula Vennitti devono aver fatto seriamente riflettere Francesco Menna e la sua amministrazione. Per evitare che i prossimi mesi si trasformino in una traversata nel deserto, il primo cittadino deve ricomporre i cocci di una coalizione che ieri si è spaccata.
Il quarto punto all’ordine del giorno si è trasformato in una buccia di banana. I consiglieri erano chiamati a votare un documento presentato da un rappresentante del centrodestra, Alessandro D’Elisa. Una mozione che, in caso di approvazione, avrebbe impegnato il sindaco a revocare l’incarico a un membro dello staff, Angelo Pollutri, ex sindaco di Cupello e attuale presidente delle Autolinee Cerella, società di trasporti della Regione Abruzzo. Dopo le elezioni vinte nel 2016, Menna lo ha prima nominato capo del suo staff e poi, nell’autunno dello stesso anno, a distanza di pochi mesi, ha accettato la richiesta di passaggio dal full-time al part-time avanzata dallo stesso Pollutri.
Il voto – La lunga seduta del Consiglio scivola via tranquilla fino al quarto punto all’ordine del giorno: lì è imboscata la trappola. Molto probabilmente Menna lo ha capito e, per questo, nell’acceso dibattito, prende la parola due volte per formulare altrettanti appelli accorati. Che non sortiscono effetti.
Alle 17,56 l’esito dello scrutinio pesa come un macigno: 13 sì, 9 no e 2 astenuti. Dopo poco più di un anno, l’amministrazione di centrosinistra va sotto in Consiglio comunale. A conti fatti, nel segreto dell’urna, i franchi tiratori sono stati 6: l’opposizione poteva contare su 9 voti, cui si sono sommati 4 sì provenienti dalla maggioranza, da cui sono scaturite anche due schede bianche.
Il risultato della votazione viene scandito dal presidente, Giuseppe Forte, in un silenzio agghiacciante. E, in qualche modo, assordante. Più eloquente di qualsiasi commento. L’opposizione non esulta. La maggioranza fa finta di niente, come se questo epilogo così negativo fosse, tutto sommato, prevedibile. La quiete dopo una tempesta che avrà inevitabili ripercussioni.
Le conseguenze – Per senso di responsabilità e rispetto delle istituzioni, in particolare delle decisioni del Consiglio comunale e della stessa coalizione di cui fa parte, Pollutri avrebbe dovuto dimettersi ieri sera. Nei luoghi delle democrazie mature si fa così, quando ci si trova di fronte a un atto politico inequivocabile di sfiducia. Senza attendere la revoca, o un eventuale atto di clemenza del sindaco che, intervenendo due volte in Aula per chiedere ai suoi di respingere la mozione, ha dichiarato di ritenere illegittimo il documento, perché riguarda la sua prerogativa di scegliere i componenti dello staff.
Al di là delle possibili questioni giuridiche, che verranno decise nelle sedi opportune, resta il dato politico. Oltre un terzo della maggioranza ha votato con l’opposizione. E contro una scelta fiduciaria del sindaco, ma forse, soprattutto, “una nomina politica”, come lo stesso Menna l’aveva definita un anno fa, il 28 settembre, in una conferenza stampa.
Oggi quella “nomina politica” viene sconfessata da un atto politico ufficiale: il voto del Consiglio comunale. Che va al di là del gradimento verso un singolo membro dell’inner circle.
L’esito del voto segreto è, soprattutto, un segnale chiaro lanciato da una fetta consistente della coalizione di centrosinistra all’amministrazione comunale: il sostegno alla Giunta non è più scontato. E non è più incondizionato. Tira aria di verifica di maggioranza.