Vostro figlio zappa?. Di tanto in tanto, torna nel ricordo questo interrogativo che rivolsero a mio padre e che lui mi raccontò essergli stato posto, con cordiale sincerità, da uno dei suoi clienti. Un ambiente di lavoro costituito da agricoltori il suo, un ambito in cui i figli sembrava avessero un destino segnato nel dover produrre reddito, per la propria famiglia, impegnandosi, prima possibile, in una delle tante piccole aziende agricole del nostro territorio.
Sono certo stati tanti i figli di agricoltori che, ripudiando l’attività paterna, hanno inteso intraprendere un corso di studi o hanno cercato, da subito, impiego presso realtà industriali e del terziario, sollecitati dal desiderio di trovare altro sbocco lavorativo che non fosse “la campagna”, occupazione che pur aveva rappresentato fonte di sostegno economico per i propri genitori.
In questi casi, c’è da immaginare l’iniziale smarrimento di questi ultimi, lenito però dal desiderio, dalla legittima ambizione, di avere un laureato in casa o comunque un figlio che riuscisse a realizzarsi in settori economici diversi da quelli che impongono sveglia alle cinque del mattino, fatica fisica, alea del meteo e scarsa considerazione nella cosiddetta… scala sociale.
L’attenzione rivolta all’essenziale da parte di chi vive una realtà produttiva primordiale, nel senso del “da sempre esercitata” ed in economia chiamata “primaria” proprio per questo, sottolinea forti elementi di rischio per chi se ne allontana alla ricerca di condizioni, nell’immaginario, migliori. Resta però l’atavico realismo di chi interpreta il lavoro quale strumento per il sostentamento, al di là dei richiami edonistici a cui, sempre più, si è sottoposti da un sistema di vita massificante.
Per l’agricoltore o, se si preferisce, per l’imprenditore agricolo, icona del proprio lavoro è la zappa, strumento di vita e di fatica, tramandato quale emblema di dignità. E’ per questo che la zappa rappresenta il lavoro e lo rappresenta anche per i propri figli, qualunque dovesse essere la loro attività.
Chiedere a qualcuno se il figlio “zappa” ha il significato dell’amichevole interessamento che viene rivolto, con benevolenza, da un genitore all’altro; un interrogativo contenente un messaggio educativo di valori, una domanda che molti genitori dovrebbero porsi ogni qual volta il proprio figlio mostra di andare alla ricerca di un motivo per adagiarsi, nella convinzione che il proprio futuro troverà comunque soluzione in una società che, tanto, tutti accoglie, magari anche confidando in indulgenti misure normative.
L’insieme dei figli, forza lavoro di una comunità sociale, non può restare in attesa di un reddito garantito in virtù del suo solo esistere: è così che una Nazione diventa preda dell’economia senza volto ed una generazione si educa all’acquiescenza.
La speranza che va coltivata è quella per cui, con orgoglio e fierezza, un genitore possa sempre rispondere: “Sì, mio figlio zappa!”