“Recita tre Ave Maria a Sant’Antonio“. Così, fino a qualche tempo fa, iniziavano alcune lettere ricevute per posta. Una volta soddisfatto, con devozione, il perentorio invito, il destinatario avrebbe dovuto ricopiarne il testo per farne invio, ad amici e parenti, al fine di ottenere gl’immediati effetti benefici puntualmente descritti. Inenarrabili disgrazie, al contrario, sarebbero state patite se la diffusione fosse stata interrotta.
Nascono così le “Catene di Sant’Antonio”, un sistema ideato per indurre a far qualcosa ed a propagare il contenuto di un messaggio. Inutile dire che, fin dall’inizio, fu la credulità popolare ad alimentare tali forme di persuasione, tant’è che la legge, oggi ed in determinate circostanze, le dichiara punibili con arresto, ammenda o sanzione pecuniaria. Eh sì, sono illegali le “Catene” ma, ciò nonostante ed ancor oggi, in tempi di cosiddetta maggiore cultura, son tanti ad abboccare per le più varie fattispecie e sono gli avanzati sistemi di comunicazione e socializzazione a rendere, di certo, così ampio il target degli allocchi.
Nel tempo, tale antipatico esercizio si sviluppò per altre forme, come lo scrivere messaggi sulle banconote di taglio più diffuso o inviare fotocopie tramite fax, fino all’inoltro di sms sui telefoni cellulari o di messaggi Whatsapp sugli smartphone. Il tutto per gli obiettivi più disparati, dal ricevere molte cartoline illustrate all’ottenere facili guadagni.
E’ internet, però, a rappresentare l’evoluzione più matura: nessun costo e gran velocità per un’ampissima diffusione. S’inizia con l’e-mail, in pochi secondi è possibile raggiungere moltitudini di persone con lo stesso messaggio. L’apice della dabbenaggine è però raggiunto con Facebook, il social più diffuso al mondo, utilissimo sotto molti aspetti, strumento di degenerazione per altri, specchio della società ad anelli concentrici. A poco serve la “netiquette” (termine con cui s’individua l’insieme delle regole che disciplinano i comportamenti degli internauti), bastano pochi ingenui a propagare una “catena” dai contenuti di origine incontrollabile.
Sulle bacheche e nelle chat, giungono, nelle più svariate forme di cortesia o supplica, richieste di like o benevoli commenti e, nel caso non si dovessero accogliere gli insinuanti inviti, il rischio è di apparire un falso “amico”, degno di anatema e cancellazione dalla propria social-vita parallela.
I punti di forza sono sempre gli stessi: emotività, superstizione, scaramanzia, timori, convenienze sociali. Come resistere a frasi augurali e portafortuna, a richieste per bimbi malati e cuccioli da salvare, alla condanna della violenza sulle donne, a notizie straordinarie o alle promesse di facili arricchimenti o, addirittura, a non considerare minacce di sfortuna e di morte?! Tanti gli “spam” ed innumerevoli le “bufale” ma cosa importa? E’ così che ci si sente parte di un insieme che, per quanto effimero e sciocco, rappresenta pur sempre una realtà che non fa sentire soli.
Molto spesso le “Catene”, tutelate da aspetti umanitari e lacrimosi appelli, contengono idiozie e notizie false con cui si specula sull’emotività ed i destinatari, certi di verità assolute, moltiplicano a loro volta gli effetti della contraffazione, nell’impossibilità di fermare gli anelli… incatenati.
Come spesso avviene nella vita comune, sono le speculative (a volte truffaldine) intelligenze di alcuni a gestire la buona fede (a volte stoltezza) dei più. In virtù di una vera e propria “ingegneria sociale”, c’è chi è in grado di utilizzare il moltiplicarsi di contatti ed i contenuti dei messaggi inviati, per fini economici o, per così dire, sociologici. Non sono forse questi veri fenomeni di speculazione e sfruttamento in una società che pur ritiene d’esser democratica, liberale e solidale, tutelata nei diritti comuni e individuali ma, al contempo, così molto attenta al proprio tornaconto?!
Il rimedio? Rompere le “catene”. Rimuovere ignoranza e credulità, avere personalità e forza educativa nel rifiutare, anche di principio, di essere anelli, quasi sempre inconsapevoli, di fosche filiere la cui origine è incontrollata. A chi propone “catene” si può anche rispondere “No, grazie!”, non si finisce all’inferno.