Chiunque abbia conosciuto le vicende dell’Europa e del mondo, negli anni ’60, ha riflettuto sulla realtà rappresentata dal Muro di Berlino. Il suo nome ufficiale “Antifaschistischer Schutzwall”, barriera di protezione antifascista; una fortificazione di 155 chilometri fatta erigere dal governo della Germania Est per impedire la libera circolazione delle persone tra Berlino Ovest ed il territorio della Repubblica Democratica Tedesca filosovietica. Due muri paralleli di cemento armato, tra essi la “striscia della morte“, spazio in cui 133 persone furono uccise dalla polizia di frontiera della DDR mentre cercavano di superare la demarcazione.
Sono i tempi della “Guerra fredda”, quelli in cui appariva necessario segnare una invalicabile linea di confine tra i territori d’influenza statunitense e quelli d’influenza sovietica, i tempi della cosiddetta “Cortina di ferro”.
Gli equilibri di politica internazionale hanno retto il muro per 28 anni ed è nel 1989 che il governo tedesco orientale decise di aprire le frontiere con la Repubblica federale. Al solo annuncio, furono molti i cittadini dell’Est che, arrampicatisi sul muro, inizialmente lo scavalcarono per poi aprire varchi, centimetro per centimetro, fino a demolirne tratti. Un evento da tutti avvertito come storico.
Sono passati quasi altri 28 anni da quel momento che sembrò segnare la fine di un’epoca. Solo 28 anni. Oggi Berlino è altro rispetto ad allora ma proprio tutt’altro. Questa città non è diversa soltanto rispetto a 28 anni fa ma è diversa anche rispetto a 10 o anche solo 5 anni fa. Cambiamenti epocali della sua popolazione consumati, repentinamente, in pochissimi anni: una metropoli che brulica di giovani di ogni etnia conosciuta, di ogni lingua parlata, di ogni provenienza. La Mitteleuropa di un tempo, nel suo significato geopolitico, non ha più ragione di essere e se prima era la Francia, in una logica europea, a poter essere considerata antesignana, Stato precursore nei termini dei mutamenti delle filosofie, ideologie o dottrine politiche (illuminismo, ancien regime, ’68 e quanto altro), oggi è in Germania, con chiarezza, che si ha la possibilità di intuire e prevedere quale sarà l’avvenire dell’Europa.
Non potranno esserci più muri a demarcare alcunché, il cuore geopolitico d’Europa, la Germania, anche per quel solo 8% di disoccupazione giovanile ed una robusta economia nazionale, è oramai la nitida sfera di cristallo in cui leggere il futuro dell’intero Continente.
Le nuove e future “appartenenze” hanno radici nelle più svariate culture e tutto ciò che rappresenta difesa di una qualunque tradizione nazionale o europea, appare essere, sempre più ed agli occhi di una gioventù multiculturale, posizione di retroguardia che, tra qualche anno soltanto, neanche verrà più concepita.
Le categorie di pensiero del giusto o sbagliato circa ciò che, con evidenza, sta accadendo in Germania e, via via, in tutta Europa non hanno più ragione d’essere difronte alla realtà.
Nel nuovo disegno geopolitico ed in una visione “macro” del tempo e degli spazi, appaiono di poco conto e “provinciali” le posizioni di chiunque, in una tattica proselitistica determinata dalla mera volontà di acquisizione del consenso, ritenga di poter impedire, a mani nude, i cambiamenti epocali che sono fatalmente in atto.
Il concetto di “integrazione” potrà trovare modulate applicazioni a seconda la forza e la tenuta, anche etica, delle popolazioni autoctone d’Europa. Saranno i loro profili culturali ed un sentire comunitario dei singoli Stati, tutt’al più, ad “influenzare” nuovi sistemi e future condizioni di vita ed è per questo che non possono esistere “norme” per un’integrazione codificata.
Non si tratta, quindi, di voler o non voler integrare centinaia di migliaia (…milioni) di persone che, quotidianamente, giungono e continueranno a giungere in Italia ed in Europa; non si tratta di guardare in cagnesco o col sorriso coloro che arrivano, non si tratta di cercare o trovare giustificazioni all’esodo dai loro paesi di provenienza e non è infondendo paure che sarà possibile trovar soluzioni, perché, oramai, soluzioni che impediscano questi flussi migratori non ce ne sono. C’è da prendere atto che tutto cambia e l’Europa sta cambiando così come cambiano i profili geologici della crosta terrestre.
Il Muro di Berlino… “Come può uno scoglio arginare il mare?”