Qualche anno fa, un Caporedattore della RAI, Livio Leonardi, fu colpito da un provvedimento di licenziamento poiché aveva chiamato la moglie ad una collaborazione con l’azienda. La RAI, anche in forza di una Legge del 2015, è una società a quasi totale controllo pubblico (il 99,56% delle azioni è, infatti, del Ministero del Tesoro e soltanto lo 0,44% della SIAE) ma è autorizzata a seguire una disciplina di carattere privatistico; insomma, una società privata a controllo pubblico. Non è questo, però, l’aspetto della vicenda che qui si pone in rilievo, quanto i motivi che hanno indotto la Corte di Cassazione ad emettere una sentenza con cui tale atto di espulsione è stato cancellato.
Il fatto. Il Caporedattore sovraintendeva al programma della RAI “Paesi che vai” e, tra gli invitati a parteciparvi, per un’intervista, propose l’ingaggio, con un contratto di lavoro autonomo, per sua moglie, sembra utilizzandone il cognome da nubile. L’azienda, però, si accorse del legame giuridico tra loro, chiese il licenziamento del giornalista e l’intervista non fu più fatta.
Sembrava che la ragione fosse dalla parte della RAI, infatti il Regolamento aziendale vieta di assumere parenti ed il caporedattore aveva taciuto il suo legame con la signora, sottoscrivendo di “non avere rapporti di parentela” con la stessa. C’è da dire che il rimborso stabilito era di minima entità, che, come da dichiarazioni del dott. Leonardi rilasciate a Repubblica, in realtà la coppia era di fatto separata e che, in RAI, “ci sono consanguinei che lavorano uno accanto all’altro, padri e figli, fratelli e fratelli”. Da qui la vertenza che ha impegnato più gradi di giudizio, laddove il Caporedattore trovava ingiusto il provvedimento di licenziamento. La faccenda è arrivata fino in Cassazione.
Alla fine e per farla breve, la Corte ha dato ragione a Leonardi: non è licenziabile perché il coniuge non è un parente, insomma tra il giornalista e la signora non ci sono rapporti di parentela.
Hai voglia i legali della RAI a sostenere che, per “senso comune”, tra i parenti vanno fatti rientrare anche le mogli o i mariti! La Cassazione, attenendosi alla norma, ha distinto la “parentela” dal “coniugio”, due cose tra loro diverse!
C’è, in effetti e però, un caso in cui la stessa Cassazione, nel 2006, ha disposto che, con riguardo alle deposizioni testimoniali rese dal coniuge di una delle parti in causa, non vi è alcun principio di necessaria inattendibilità connessa al vincolo coniugale e, quindi, i rapporti di parentela e coniugio son posti sullo stesso piano ma, in tali casi, c’è un interesse superiore da tutelare quale l’individuazione della verità.
Facendo le dovute differenze tra i tanti casi analoghi che potrebbero verificarsi, la sentenza qualcosa certo significa. In tempi in cui chi può è sempre all’affannosa ricerca di soluzioni per “sistemare” figli, parenti, amici ed amanti, c’è motivo per tirar un sospiro di sollievo da parte di coloro che s’impegnano a dar soluzione di lavoro purché si tratti di mogli (o mariti, s’intende); motivo per il quale, se qualcuno volesse dare una mano a fidanzate/i, meglio farebbe a convolarci prima a nozze, con un legittimo matrimonio, foss’anche solo con rito civile per non tirarci dentro la Chiesa, la quale, nel caso si trattasse di “unioni civili” tra persone dello stesso sesso, qualcosa pur avrebbe da eccepire.
D’altronde, trovo giusta la Sentenza. Si è mai sentito parlare di divorzi tra padri/madri e figli o tra fratelli, tra zii e nipoti o tra cugini? Proprio no, tra parenti non è possibile divorziare, tra marito e moglie sì. Una differenza, quindi, pur ci sarà! Questo anche senza ragionare sul fatto che le mogli o i mariti si scelgono (anche se, a volte, sbagliando) mentre i parenti no.
Attenzione, quindi, a pensare che l’istituto del matrimonio sia superato; alle tante ragioni in suo favore se ne aggiunge un’altra: meglio coniuge che parente.