Le iniziative per l’orientamento e la formazione gratuita, finalizzate all’inserimento lavorativo e finanziate con il contributo degli enti di governo del territorio, sono chiamate “Politiche attive per il lavoro”. Si chiamano “attive” per differenziarle dalle politiche “passive” che, invece, hanno il compito di sostenere il reddito, quali gli ammortizzatori sociali: sussidio di disoccupazione, cassa integrazione guadagni, l’indennità di mobilità.
Con le politiche attive si punta, in definitiva, alla ricerca di lavoro tramite azioni ed impulsi che le Istituzioni attuano per promuovere l’occupazione e l’inserimento lavorativo per chi un lavoro non ce l’ha; sono azioni promosse dalle Regioni, in accordo con il Ministero del Lavoro e l’Unione Europea, che mirano alla formazione ed al sostegno; un esempio è dato dal programma “Garanzia giovani”. Inutile dire che la recente soppressione del sistema “voucher” ha reso, certamente, ancor più urgenti interventi di questo tipo.
In Italia, nel 2016, rispetto al 2015, si è avuto un aumento dell’occupazione dell’1,3% ed il dato riferito all’Abruzzo appare essere in linea: 1,4%. In Italia, storicamente, l’andamento del rapporto occupati/disoccupati non si è mai mosso in modo armonioso e le differenze tra Nord e Sud appaiono, purtroppo per il Sud, consolidate. L’Abruzzo, però, vede svanire l’effetto di questo allineamento con il dato percentuale di incremento nazionale nel momento in cui il confronto viene fatto con l’aumento degli occupati nell’intero Mezzogiorno; infatti, nel Sud, la crescita è stata superiore: 1,7%. Ancora più evidente è la differenza se il raffronto viene fatto con la Campania ed il Molise: + 3,8%.
Certo, queste due regioni partivano da situazioni peggiori di quella abruzzese e necessitavano, quindi, di una maggiore accelerazione nelle misure di accompagnamento all’inserimento lavorativo ma è altrettanto certo che queste hanno prodotto effetti.
Le ristrettezze finanziarie di cui soffrono tutte le Regioni italiane sono una realtà incontrovertibile ma è proprio nelle situazioni di crisi evidente che è indispensabile operare scelte che indichino una priorità negli interventi. Il pensiero va, immediatamente, a quella parte della popolazione che, nell’attesa dell’attivazione di “Politiche attive per il lavoro” è costretta ad emigrare, anche prendendovi residenza, in altre regioni italiane nelle quali esse sono attive o in Paesi d’Europa in cui il lavoro è possibile trovarlo anche senza misure di sostegno e con le normali garanzie assicurative, sanitarie e pensionistiche.
La Regione Abruzzo ha nel cassetto più programmi di “Politiche attive per il lavoro” riferite ai giovani ma tarda, ormai da tempo, ad emanare i relativi bandi. Basta recarsi in una delle “Conf” abruzzesi, nella speranza di ottenere buone notizie e così dar corpo ad una qualche attività lavorativa, per sentirsi dire che nulla c’è di concretamente operativo: sulla carta, possibilità ve ne sono ma occorre attendere ancora.
Tardare appare vieppiù inopportuno e sconveniente nel momento in cui, in Italia, l’occupazione cresce (seppur soltanto dell’1,3%); nel mentre, al Sud, cresce in misura anche maggiore (1,7%). In prospettiva, il ritardo rischia di penalizzare fortemente l’Abruzzo. Inoltre, è indispensabile individuare le attività di formazione da accompagnare e stimolare, privilegiando settori quali quelli dei servizi, della produzione software e consulenza informatica, della ricerca e sviluppo, dei servizi informazione, nella produzione di pc o prodotti ottici-elettronici, nella produzione di macchinari e di apparecchi elettrici e quanto altro rappresenti evoluzione nel mondo del lavoro, laddove, sempre più, la manodopera tradizionalmente intesa sarà sostituita da sistemi meccanizzati per la gestione della produzione e della distribuzione.
Regioni come Lombardia, Emilia Romagna, Lazio, Veneto e Campania hanno intrapreso questa strada, dimostrando di guardare ben oltre i confini di una pigrizia culturale che certo non stimola i nostri giovani ad acquisire consapevolezza delle attività del futuro e non permette loro di guardare in faccia una realtà che non sarà più fatta di bulloni da avvitare, vernici da spruzzare, unghie da smaltare, capelli da pettinare, vestiti da cucire e quanto altro ha rappresentato, nel passato, attività di lavoro.
E’ un gran parlare di “startup” riferendosi alle nuove iniziative d’impresa ma più appropriato sarebbe utilizzare il termine per indicare il momento in cui la Regione decidesse di dare finalmente concreta attuazione alle “Politiche attive per il lavoro”, individuandone aspetti opportunamente dedicati ai giovani.