Provincia di Pescara e Comune di Farindola sotto accusa per la tragedia dell’hotel Rigopiano.
La Procura della Repubblica presso il Tribunale di Pescara ha iscritto sei persone nel registro degli indagati.
Lo scorso 18 gennaio una valanga travolse il resort che si trova nel Parco del Gran Sasso, causando 29 morti, 11 i sopravvissuti. A quanto si è appreso a palazzo di Giustizia si tratterebbe di una prima tranche di inchiesta, avviata subito dopo quella drammatica slavina dai pm Cristina Tedeschini e Andrea Papalia.
In base alla ricostruzione dei fatti operata dai magistrati inquirenti, le 40 persone che si trovavano nell’albergo rimasero bloccate a causa perché l’unica via di fuga, la provinciale numero 8, era sepolta sotto due metri di neve. Una strada di cui, al contrario, la Provincia avrebbe dovuto garantire la percorribilità, anche perché, nel Piano neve, l’aveva classificata come strategica. Il 17 gennaio, il giorno prima della slavina, una pattuglia della polizia provinciale aveva scortato 8 automobili di clienti fino alla struttura ricettiva nonostante le avverse condizioni meteo, mentre, secondo la Procura, il sindaco del paese avrebbe dovuto far evacuare il Rigopiano prima di quel tristemente noto 18 gennaio.
Gli indagati – Risultano sotto inchiesta il presidente della Provincia di Pescara, Antonio Di Marco, il sindaco di Farindola, Ilario Lacchetta, il direttore dell’hotel, Bruno Di Tommaso, due funzionari della Provincia, Paolo D’Incecco, dirigente delegato alle opere pubbliche, e Mauro Di Blasio, responsabile della viabilità provinciale, e il geometra del Comune di Farindola, Enrico Colangeli. Sono accusati di omicidio colposo plurimo e lesioni colpose. Il direttore dell’albergo è indagato anche per violazione dell’articolo 437 del codice penale, cioè per omissione “di colocare impianti, apparecchi o segnali destinati a prevenire disastri o infortuni sul lavoro”.