E’ possibile verificare un fenomeno (almeno a me, è capitato più volte) di cui siamo vittime noi meridionali. Mai provato, come terzo, ad ascoltare una conversazione tra l’uno di tale origine ed un settentrionale? All’inizio, ognuno colloca la cadenza dell’idioma nell’alveo della propria genuinità ma, con l’incedere del dialogo, il meridionale resta conquistato dal suono dell’altro diverso parlare e, pian piano, la fonìa della sue parole ne diventa preda. Le sue vocali vibrano insolite, l’espressione è più ricercata e persino vocaboli normalmente trascurati vengono riesumati. Mai che accada il contrario ed il fenomeno di omologazione appare quasi masochistico.
Le frontiere del linguaggio, però ed oggi, appaiono molto più ampliate rispetto al descritto confronto nazionale, che diventa così esperienza di superato provincialismo. Infatti, non è più la “parlata” del sud a cedere il passo a quella del nord bensì quella italiana che arretra al cospetto della lingua mondiale: il saccheggio, processo di occupazione globale, si realizza con l’inglesizzazione o, se si preferisce, con l’americanizzazione.
Ecco l’esempio di una conversazione tra due colleghi di lavoro che si esprimono con linguaggio… must.
“Ciao, come va? Tutto ok? Ciao. Ti vedo sempre più runner. Eh, oggi, se non sei un top-player e se non hai appeal il tuo business non potrà mai apparire happy ending. L’asset dell’azienda è high e per non andare in default occorre avere brand awareness. E’ vero, occorrono best practices e bisogna rispettare le deadline altrimenti l’award te lo sogni… Sì, è così. Ci facciamo un coffee break? Volentieri ma rapidi che tra un po’ inizia un workshop a cui non posso mancare. It’s ok, speriamo che il boss non faccia un blitz.
Con la clientela come va? Solito, sempre attenti ai competitor e al customer satisfaction. Customer care e lavoro di crew, mio caro! L’impegno è per target ma alla fine ti ritrovi sempre a combattere day by day, ora l’azienda opera molto in outsourcing e si perde il benchmark. Da noi i feedback sono positivi e reggiamo ancora grazie al brand value. Chi oggi fa startup confida molto sullo storytelling ma il brand non è acqua. Dai facciamoci un selfie in ricordo di questo nostro incontro.
Vedo che sei diventato un junk food, come un teenager e poi sempre trendy…. Per forza, il business administration è composto da stalker che chiedono time e up with fashion. Ahahah. Il backstage funziona ma l’audience e la customer care le curo io e ci sono continui checks.
Senti, ci vediamo asap allora. Direi di sì, sempre che il turnover in azienda non mi sbatta fuori. Ma no, sei in escalation. Lasciami la tua business card, non si sa mai. A proposito di card, ho solo pochi spicci, ci pensi tu al bill? Ok, ok ma la prossima tocca a te, conserva il file”.
E’ il nuovo imperialismo, occupazione mentale e dominio coloniale sull’Europa. Sono forme di neoliberismo che ampliano le disuguaglianze ma la chiamano integrazione. La lingua fa comunità ed è sempre utile avere una comunità al servizio. Le contaminazioni culturali son elemento di crescita, è vero, ma qui non si tratta più di scambio, quanto di sostituzione.
Ehi, lettore, non hai capito cosa si sono detti i due amici? Sei out, amico mio!