Estorsione, intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, con l’aggravante della continuazione. Sono i reati ipotizzati dagli investigatori nell’ambito di una nuova inchiesta sugli appalti per la ricostruzione post terremoto a L’Aquila.
Dalle prime ore di stamani, i carabinieri del Reparto operativo del capoluogo hanno eseguito perquisizioni e misure restrittive in Abruzzo, Marche e Campania: 4 ordinanze di custodia cautelare ai domiciliari e 5 divieti di esercitare attività professionali o imprenditoriali per i prossimi 6 mesi. I carabinieri stanno effettuando anche perquisizioni. L’operazione Caronte è coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia dell’Aquila ed è affidata ai pm David Mancini e Roberta D’Avolio.
Nel mirino degli inquirenti sono finite due imprese operanti nella provincia di Caserta. Una delle due ha trasferito da tempo la sua sede proprio a L’Aquila. Per le ditte coinvolte nell’indagine, è scattata la misura interdittiva antimafia, adottata dalla Prefettura alcuni mesi fa, durante gli accertamenti istruttori espletati per le iscrizioni nelle cosiddette white list della ricostruzione post terremoto, a causa di collegamenti con personaggi legati alla criminalità organizzata dell’area casalese.
I responsabili delle imprese, S.T., 38 anni, V.T., 41, R.T., 38, L.L., 37, tutti sottoposti agli arresti domiciliari, “sfruttando lo stato di necessità, indigenza ed estrema difficoltà economica in cui versavano gli operai, nei rispettivi comuni di residenza – si legge nel comunicato stampa dei crabinieri – avrebbero reclutato manodopera a basso costo (mantenuta in una condizione di sudditanza fisica e psicologica sotto minaccia di licenziamento), da impiegare nei lavori edili connessi alla ricostruzione post sisma 2009″. Proprio per mantenere questo controllo sui lavoratori (che venivano subito allontanati in caso di proteste o rimostranze), al momento dell’assunzione, veniva fatta sottoscrivere una lettera di dimissioni priva di data che veniva trattenuta dai datori di lavoro.
Secondo la Dda, i dipendenti erano costretti a subire costanti violazioni della normativa relativa all’orario di lavoro, al riposo settimanale e alle ferie, nonché violazioni della normativa in materia di sicurezza sul lavoro, alterando attestati relativi a corsi di formazione che i dipendenti avrebbero dovuto frequentare per le specifiche mansioni alle quali venivano adibiti.