La storia che va in scena è quella del Vajont ma potrebbe essere quella di San Giuliano di Puglia, di Messina, de L’Aquila, di Rigopiano o altre ancora. Storie di un’Italia segnata dalle tragedie, da lacrime che fanno dire “mai più” ma che poi vengono presto dimenticate per lasciare spazio alla spregiudicatezza dell’uomo, a costruzioni dove non si dovrebbe costruire, a una natura troppo spesso violentata, a situazioni sottovalutare che poi portano disastro e dolore.
Questo è Il Vajont di tutti, spettacolo scritto, diretto e interpretato da Andrea Ortis. È il racconto della costruzione della diga del Vajont, “la più alta del mondo” all’epoca in cui venne realizzata, che nel 1963 provocò, dopo la frana del monte Toc, la distruzione totale del paese di Longarone e la morte di quasi tutti i suoi abitanti. Sopravvissero appena in 30 sugli oltre 2000. Si parte dall’inizio del XX secolo, con i primi progetti, lo sguardo all’energia idroelettrica come fonte per alimentare il progresso di un Paese che voleva rialzarsi portando con sè la spregiudicatezza di chi quei progetti doveva realizzarsi. Alla coinvolgente narrazione di Andrea Ortis fanno da contrappunto due dei protagonisti di quella vicenda: Carlo Semenza, intepretato daAldo Gioia, l’ingegnere che progettò la diga del Vajont e Tina Merlin, interpretata da Maria Teresa Spina, giovane giornalista che, attraverso il suo lavoro cercò di tenere alta l’attenzione su ciò che stava avvenendo e che, sin dal principio, presentava tante criticità. La narrazione della ricostruzione storica è un crescendo d’intensità fino ad arrivare a quel 9 ottobre del 1963, quando la frana del monte Toc finì nel bacino artificiale provocando l’onda che scese a valle e dsitrusse Longarone uccidendo i suoi abitanti. A sottolineare i momenti più intenso dello spettacolo anche le voci di Sara Petrella, Mariacarmen Iafigliola ed Eros Antonelli.
Il Vajont di tutti, prodotto dalla Ouverture, con la produzione esecutiva di Laura Carissimi, è uno spettacolo che fa riflettere ed emoziona e non lascia di certo indifferenti rispetto a vicende, riproposte nel finale, che ancora oggi segnano la vita di tante comunità. Al mattino sono stati gli studenti a partecipare con attenzione allo spettacolo (in gallery le foto della rappresentazione del mattino), raccogliendo quel messaggio di “riflessi di speranza” lanciato alla fine da Ortis. I giovani vastesi avevano già vissuto un intenso momento nell’incontro con Micaela Coletti, sopravvissuta alla tragedia del Vajon [GUARDA L’INTERVISTA]. Ieri sera tanti applausi al Ruzzi per la compagnia Ouverture che, in due ore intense, ha trasmesso emozioni e lasciato tanti spunti per riflettere in chi era in platea.