In un articolo pubblicato sul mio blog il 15 febbraio 2016, ho posto una questione: «Salvare San Sisto». [LEGGI] Di quell’intervento ritengo utile sottolineare l’interrogativo finale. La domanda ore potrà forse trovare adeguata risposta.
Il tutto nasce da un concorso bandito dal Miur rivolto a tutte le scuole italiane dal titolo “Le scuole adottano i monumenti della nostra Italia”. Dato che l’assessore all’Istruzione di Vasto – Bosco – ha deciso di leggere questo tema in chiave locale coinvolgendo tutti gli istituti di formazione (primari e secondari di primo e secondo grado). Dal che si evince che, proprio in ragione di tale scelta, diventa utile avviare una politica dei beni culturali tesa a scoprire i monumenti disseminati e nascosti nel territorio.
Intanto una breve nota etimologica. Monumento deriva dal latino m?n?re con il significato specifico di «strumento per far ricordare». E proprio perché questo è l’originario valore semantico della parola, ciò vuol dire che ogni monumento risponde a tale funzione. La qual cosa implica che, anche se obliterato da una vegetazione fittissima e impenetrabile, l’oggetto non cessa di assolvere allo scopo per cui è stato edificato. Renderlo di nuovo visibile, accostabile, dunque, è il compito che il postero deve assumersi per renderlo ancora testimone di quella storia insediativa e culturale di cui è portatore.
Non uso volutamente il termine valorizzazione. Esso reca in sé lo stigma della merce che, di fatto, privilegia solo ciò che è scambio, consumo. Dal punto di vista della valorizzazione poco importano «li cùcchi? vìcchi?» (sintagma nominale che, in dialetto vastese, designa spregiativamente il vecchio rottame di coccio inutilizzabile). «Li cùcchi? vìcchi?» non hanno la qualità di essere «belli». «Belli», cioè, per stimolare, una sbigliettatura o, al limite, l’apertura di un chiosco dove potere addentare golosamente un panino con hamburger. No, Sono solo resti! Resti che parlano per chi li sa leggere. Sono guardiani della soglia che “ammoniscono” il pensiero postumo.
Che cosa significa tutto questo? Molto semplice. Il bene monumentale va scoperto, conservato, tutelato. E tutelare significa rendere sicura una cosa. Il che vuol dire: la sua funzione non è quella di merce produttrice di valore. Il suo compito sta nell’essere testimonianza culturale di una comunità. Che implica, tra l’altro, cercare di capire le stesse ragioni antropologiche che hanno indotto la stessa communitas a rimuovere dal proprio orizzonte mentale la memoria del manufatto. In termini più generali, comprendere le ragioni che spingono un’organizzazione sociale a ricordare qualcosa e a dimenticarne altre.
Tutto questo è studio, ricerca. E’ conoscenza dei luoghi, degli archivi privati, ecclesiastici, comunali, statali. Del dialetto, delle tradizioni popolari, dei grandi repertori linguistici a esse connessi. Delle relazioni tra questi aspetti. Intrecci di elementi che nulla hanno da dividere con il processo di valorizzazione dei beni culturali che, di fatto, sottende lo scambio e la circolazione del denaro.
I resti della chiesa di San Sisto possono essere solo conservati e tutelati. Al più possono essere adottati – vale a dire, «scelti», per essere oggetto di cura e manutenzione in quanto segni caratterizzanti di una specificità storica di quel territorio. Bene ha fatto, dunque, il Polo Liceale “Mattioli” di Vasto a lanciare una proposta di questo tipo. Un’adozione possibile per un’istituzione scolastica quella dei soli resti della chiesa di S. Sisto (non del magazzino – la “casa a torre” – a essa collegato). E ciò – va osservato – non solo per favorire la formazione di una identità del luogo in un’area densamente abitata. Ma anche per operare intorno all’educazione all’ambiente e alla tutela dei monumenti. Che dire! Un magnifico progetto da avviare seduta stante. E che, in qualche modo, già inizia con la produzione di un documentario di tre minuti realizzato da un gruppo di studenti del Polo liceale. Posso solo aggiungere che sarebbe stato interessante per il «Mattioli» poter lavorare sullo storico edificio con cui confina: l’avalosiana Villa Frutteto. Purtroppo sono tre i motivi ne ostano gravemente l’intervento culturale: 1. la mole del fabbricato; 2. la sua pericolosità strutturale per l’estremo degrado in cui versa; 3. la proprietà privata.
Per non concludere, mi limito a una considerazione. L’anno scorso vedevo buio sui resti della chiesa di S. Sisto. Ma una sorta di serendipity ha aperto qualche possibilità per la tutela del luogo. Ci si può credere? Direi di sì. Si tratta solo di cominciare.
Luigi Murolo