Se non è scontro istituzionale poco ci manca. “Una giustizia che non dava segni“; a rinfocolare una tesi assurtà a verità troppo presto sono arrivate le parole dell’arcivescovo di Chieti-Vasto, mons. Bruno Forte. L’alto prelato ha espresso innanzitutto la propria sofferenza per quanto accaduto: “Un senso di dolore per tre giovani vite spezzate, quella della ragazza morta per l’incidente, quella del giovane ucciso e quella dell’assassino, perché la sua esistenza ora è stata stravolta in maniera profonda“.
Mons. Forte, poi, si è soffermato sulle indagini: “Quello che addolora molto è che questo giovane esasperato dalle lentezze di una giustizia che non dava segni, nei confronti di colui che aveva investito la moglie, abbia reagito facendosi, secondo lui, giustizia da sé. La vendetta non è mai giustizia. La vendetta produce solo ulteriore sofferenza e ulteriori mali. Da una parte – ha continuato all’Ansa – il no assoluto a cercare giustizia da sé, dall’altra parte però una sollecitazione alla giustizia perché sia più sollecita. Una giustizia lenta non è più giustizia e produce anche effetti come questi tragici a cui si è assistito a Vasto”.
L’arcivescovo ha tirato in ballo anche la fiaccolata tenutasi dopo la morte di Roberta [LEGGI] evidenziando come la necessità di chiedere Giustizia subito per Roberta era “un sentimento popolare diffuso di fronte a una giovane vita spezzata, a una giovane moglie uccisa. Appare chiaro che tra la gente c’era un’esigenza di giustizia e verità. Evidentemente giustizia non è mai giustizialismo, pertanto anche quel movimento, legittimo in sé non poteva giustificare né ha giustifica l’uso della violenza su colui che era stato responsabile dell’incidente”.
Dichiarazioni che evidentemente non sono piaciute negli uffici della procura vastese dove il procuratore capo Di Florio già in mattinata aveva ricostruito la linea temporale degli eventi [L’INTERVISTA]; quella di mons. Forte è vista probabilmente come un’invasione di campo. In giornata anche i legali di Di Lello [L’INTERVISTA] e quello di D’Elisa [L’INTERVISTA] hanno riconosciuto la celerità della giustizia per la vicenda dell’incidente del primo luglio.
La replica congiunta (insieme al presidente del tribunale, Bruno Giangiacomo) arriva a stretto giro: “Dal momento dell’incidente stradale che ha visto la morte della Roberta Smargiassi, 1.7.2016, all’udienza preliminare, in programma il 21 febbraio a carico di D’Elisa, sarebbero passati meno di 8 mesi. È un tempo che evidenzia la celere trattazione del processo e respinge qualsiasi diversa valutazione non fondata sui fatti e priva di qualsiasi riscontro. L’auspicio è di aver chiarito una volta per tutte che la vicenda in esame non può essere catalogata come episodio di lentezza della giustizia“.