La cronaca è dolorosamente nota. Siamo rimasti preda della forza di coesione elettrostatica che solo gli schermi dei televisori o dei computer sprigionano, come fossimo particelle tenute unite e da questi attratte; resistendo ad ogni altra fonte di distrazione, isolandoci dal contesto, partecipando, emotivamente, ad una realtà che, per molti, non era la propria ma a cui abbiamo sentito di appartenere.
Sono scomparsi, di colpo, i nostri disagi. Quelli quotidiani e quelli prodotti, in queste ore o in questi giorni, dalla mancanza d’acqua, di elettricità, di riscaldamento o di gomme termiche. Ci siamo sentiti al sicuro al cospetto di quegli Abruzzesi che, invece, indifesi, sono stati costretti a subire ben altre vicissitudini, fino al rischio della propria vita, fino a perderla.
Ci siamo appassionati ed impressionati per le loro sciagure, commossi ed entusiasmati per ogni singola vita salvata dalla trappola Rigopiano. Ci siamo sentiti partecipi del dramma vissuto da intere famiglie e popolazioni d’Abruzzo percosse e centrate da calamità naturali simultanee: terremoto, nevicate e gelo. Siamo tornati a dare valore, di colpo, a quei principi di partecipazione e solidarietà che, nella quotidianità, ci appaiono, purtroppo, sempre più estranei.
La parte più umana di noi ha reagito, riscoprendo il senso della Comunità. Ancor di più hanno reagito, con forza, i soccorritori che al proprio dovere hanno aggiunto la passione, il sacrificio ed il rischio.
I momenti del dolore, del cordoglio, dei sentimenti. I momenti del “Cuore”, quelli in cui, ci si dice, non bisogna chiedersi i “perché” delle conseguenze di circostanze naturali, ancorché eccezionali; i momenti in cui ogni critica appare artificio polemico ed inopportuno ed è quindi vietata, i momenti in cui si elogia l’organizzazione dello Stato che concentra mezzi e soccorsi sul luogo della ferita ed è vergognoso chiedersi il “perché” della ferita, i momenti del plauso ai soccorritori, quelli che fanno la differenza.
Come sempre accade, il tempo dell’emozione e dei sentimenti passa e resta il solo il ricordo, triste quanto spesso inutile, inghiottito e sommerso dalla realtà successiva in cui non si ha tempo, non si ha voglia, non si ha bisogno di far qualcosa per impedire che altre ferite si riaprano. Si torna alla normalità, quella di territori, strutture e sovrastrutture che restano deboli ed insicure.
Ci diranno che tutto ha funzionato, anche se tra le mille difficoltà del caso; ci diranno che la macchina delle Istituzioni ha dimostrato una grande reattività al dramma, che quanto accaduto è stata cosa straordinaria ed ineluttabile.
Non è vero! Nessuna demagogia, nessuna insulsa polemica. Occorre dar risposta ai veri “perché”. La sciagura abruzzese, quella del Rigopiano ma anche quella dei tanti paesi e città rimasti, anche per una intera settimana, senza elettricità, acqua, riscaldamento, percorribilità delle strade e quanto altro, non è la nevicata eccezionale ma la fragilità del suo territorio, dei suoi impianti ed installazioni. E’ la mancanza di interventi, nel corso di decenni, per il loro consolidamento, ristrutturazione e manutenzione; è la insufficienza di ciò che dovrebbe rappresentare la normalità, la mancanza di servizi adeguati e di investimenti su quelli essenziali, la mancanza ed il costante taglio di risorse finanziarie per i Comuni che restano l’avamposto per la fornitura di servizi essenziali alle popolazioni.
Sono le Istituzioni politiche che scelgono dove dirigere le risorse economiche e, soprattutto quando si presume queste esser poche, è indispensabile saper individuare le priorità. Nell’era dell’evoluzione telematica, della ricerca nelle scienze avanzate, della osannata globalizzazione e della cosiddetta società evoluta non deve essere neanche immaginabile l’inadeguatezza dei servizi primari essenziali.
In Abruzzo, dappertutto, sono mancate, per giorni, acqua ed elettricità; per assicurare i soccorsi sono dovute arrivare le turbine spazzaneve dalla Val d’Aosta e dal Trentino, i meno efficaci mezzi del luogo hanno dovuto misurare le loro capacità operative con il fermo per guasti meccanici o mancanza di carburante; i Comuni interessati dai fenomeni naturali sono dovuti restare inermi per l’endemica mancanza di fondi.
Quanti saranno i soldi impegnati, dai governi nazionale e regionale, a causa delle emergenze in Abruzzo e per rincorrere i mancati interventi e le mancate manutenzioni di anni?! Quante pezze a “ristoro” di investimenti mai fatti?! Quante emergenze occorrono per definire un vero piano di interventi strutturali?! Quanta pietà, cappello in mano, dovremo chiedere all’Europa che chiede conto?!
Intanto, i soccorritori scavano e sottraggono alla morte; noi, impressionati dalle sciagure ed emozionati per le vite salvate, postiamo cuori sui social mentre l’Abruzzo va alla ribalta delle cronache nazionali soltanto per le sue disgrazie. No, il cuore non basta!