Con le sue sentenze, la Corte costituzionale entra sempre più nella vita della nostra società. E’ certo suo compito farlo ma la frequenza e le materie per le quali, oggi, questo accade, sono condizioni che mettono in luce quanto il potere legislativo, quello proprio della politica, sia svolto con minori rigore e scrupolo rispetto a qualche decennio fa. La Corte è il “giudice delle leggi” ed accerta la legittimità o meno delle scelte compiute da chi le leggi le fa. Sempre più spesso accade che, con il suo intervento, le decisioni della politica vengano cancellate, modificate, stravolte e, nel pronunciarne i motivi, vengono messe in luce le distorsioni e le contraddizioni che la politica produce.
Esempio ne è il caso che, nel mese del dicembre scorso, ha interessato la nostra regione, l’Abruzzo, ed una delle sue province, Pescara. Il fatto non è di poco conto. Con una sentenza, la Corte entra nel merito di vicende della vita sociale italiana. Lo fa ribadendo, con forza, principi legati a valori quali la solidarietà ed intervenendo a tutela dei diritti fondamentali ed incomprimibili dei cittadini.
E’ accaduto che la Regione Abruzzo non ha riconosciuto, alla Provincia di Pescara e nella misura del 50% della spesa totale, i contributi necessari per il servizio di trasporto ed assistenza agli alunni disabili da essa svolto. Eppure, era la stessa Legge della Regione che la obbligava all’erogazione del contributo in tale percentuale. La medesima norma stabilisce, però, che i fondi siano erogati “nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio”. Avvalendosi di quest’ultima previsione, la Regione ha sostenuto che nella propria legge di bilancio non ci fosse più la necessaria disponibilità finanziaria e non ha erogato il contributo nella quantità prevista. Evidentemente le scelte di politica economica erano state indirizzate verso altri obiettivi.
La Corte costituzionale, dopo il primo passaggio al TAR Abruzzo che aveva sollevato la questione di legittimità costituzionale della Legge regionale, ha dato ragione alla Provincia di Pescara, ritenendo che i diritti “incomprimibili” dei cittadini vengono prima del pareggio di bilancio, anche se quest’ultimo principio è parimenti riconosciuto dalla Costituzione (oltre ad essere stato imposto dall’Unione Europea al Governo Monti). Insomma, i servizi agli studenti disabili non possono venir meno a causa delle politiche di austerity. In definitiva, la domanda a cui la Corte ha dato risposta è stata questa: è la garanzia dei diritti “incomprimibili” a condizionare il bilancio o è l’equilibrio di bilancio ad incidere sul rispetto dei diritti dei disabili? La Corte, con la sua sentenza, risponde così: “E’ la garanzia dei diritti incomprimibili ad incidere sul bilancio e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione”.
La Corte, conseguentemente, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della parte della Legge regionale in cui vien detto che il contributo viene erogato “nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa”.
La sentenza contiene una serie di importantissime affermazioni:
“Il mancato finanziamento del 50% delle spese effettuate avrebbe determinato (…) una drastica riduzione dei servizi per gli studenti disabili, compromettendo l’erogazione dell’assistenza specialistica e dei servizi di trasporto”.
“La norma censurata darebbe immotivata e non proporzionata prevalenza alle esigenze di equilibrio di bilancio e non assicurerebbe una adeguata, stabile e certa tutela al diritto all’educazione e all’istruzione degli alunni affetti da grave disabilità, che necessitano del trasporto per la frequenza scolastica”.
“(…) la determinazione della misura del finanziamento (…) potrebbe essere arbitrariamente ridotta, per finanziare beni ed interessi che non godono di tutela piena ed incondizionata al pari del diritto allo studio del disabile.”
“(…) il nucleo di garanzie minime (…) dovrebbe essere assicurato al di là di ogni esigenza di bilancio”.
“Il finanziamento del servizio potrebbe essere ridotto (…) con inevitabili ripercussioni sulle famiglie e sulla possibilità di queste di poter assicurare la frequenza scolastica ai propri figli”.
Ci si potrebbe limitare a dire: giustizia è fatta. Al di là del caso specifico, però, la soluzione della Corte riafferma un principio che sembra dimenticato: chi fa le leggi deve rispettare una priorità di valori che, invece, sembra essere sempre più sovvertita a tutto vantaggio delle convenienze economiche.
C’è poco da blaterare di solidarietà e ammantarsi di buonismo se poi, in concreto, le scelte della politica pongono in secondo piano diritti che dovrebbero essere considerati per primi. Quando la coperta è corta, si copre subito chi ha maggior bisogno. E’ la stessa logica che dovrebbe sovraintendere agli interventi economici a favore dei tanti Italiani i quali, magari dopo aver contribuito nel passato ad alimentare le casse pubbliche, oggi si trovano in condizioni di povertà. A tal proposito è bene ricordare che “prossimo” significa più vicino e, nelle scelte per la spesa pubblica, il “prossimo” viene prima del “chiunque” sia meno vicino.