Finisce sotto inchiesta lo sversamento di petrolio nel mare antistante il litorale di Vasto e quello di Termoli. Nel gennaio 2013, da una delle piattaforme per del giacimento Rospo Mare, a 20 chilometri dalla riva, scattò l’allarme per una presunta fuoriuscita di greggio. Sono in corso le indagini della Procura di Larino: pochi giorni dopo Pasqua si è svolto l’incidente probatorio. Lo rivela il settimanale L’Espresso, nell’inchiesta dal titolo: “Trivelle, quello sversamento negato e finito sotto inchiesta”.
Clicca qui per leggere l’articolo, con un’intervista all’ammiraglio Luciano Pozzolano, ex comandante della Direzione marittima d’Abruzzo e Molise.
“Le riprese aeree degli Atr della guardia costiera, equipaggiati con attrezzature capaci di scansionare il mare con grande precisione – si legge nell’articolo del settimanale – non lasciavano dubbi: era petrolio. “Fu confermato dai nostri mezzi subacquei, che intervennero nei giorni successivi: i sommozzatori trovarono tracce di idrocarburi sulle condutture sottomarine che trasportano il greggio dalla piattaforma alla nave cisterna. Nelle condotte, alcuni bulloni risultavano vistosamente allentati e questo sicuramente aveva prodotto una perdita di petrolio in mare”, riferisce l’ammiraglio”.
“I pm hanno svolto, poco dopo Pasqua, un incidente probatorio sui tubi sottomarini che collegavano la piattaforma petrolifera alla nave cisterna da cui partì l’allarme, sequestrati poco dopo l’incidente. L’esame dei periti – scrive L’Espresso – ha dato esito positivo: le condutture sono sporche di petrolio, e non un petrolio generico: si tratta di greggio dello stesso tipo di quello estratto dal pozzo”. “L’ipotesi di reato è gestione di rifiuti non autorizzata e disastro colposo”.
Il fatto attorno al quale vertono le indagini sarebbe avvenuto nella notte tra il 21 e il 22 gennaio. “La notizia – si legge nell’inchiesta de L’Espresso – filtra sulle agenzie la mattina dopo, il 22 gennaio. “Chiazza di idrocarburi al largo delle coste tra Abruzzo e Molise. La chiazza è stimata in 1000 litri”, dà notizia l’agenzia Ansa alle 9,15. La capitaneria conferma poco dopo: “Si tratta di una macchia larga 20 metri e lunga 60”. Il giorno dopo, il 23 gennaio, la procura della Repubblica di Larino apre un’inchiesta, mentre la stazione locale del Wwf rilancia l’allarme: nei pressi della foce del torrente Buonanotte sono stati avvistati dei volatili sporchi di petrolio. Tutto sembra chiaro. Ma il 24 gennaio, a 60 ore dall’allarme, Edison convoca una conferenza stampa: “Si può escludere la presenza di greggio in mare e quindi di qualsiasi forma di inquinamento”. La macchia avvistata, precisa il dirigente di Edison “si è rivelata essere composta di natura diversa dal petrolio, sostanzialmente terra ed erba di origine fluviale”.
La Procura vuole vederci chiaro, andando fino in fondo. Fino a quei tubi che si trovano sul fondale marino.