I centri diagnostici privati possono avere apparecchi di risonanza magnetica total body al fine di rendere un servizio pubblico senza alcun onere per il Servizio sanitario nazionale.
Lo stabilisce il Tar dell’Aquila nella sentenza di accoglimento del ricorso presentato dal Centro Diomede di Vasto “contro il provvedimento di diniego, emanato dal commissario straordinario alla Sanità, Luciano D’Alfonso, e dalla Regione Abruzzo, avverso l’istanza di autorizzazione che il Centro Diomede di Vasto aveva richiesto al fine di poter installare presso il proprio centro diagnostico un macchinario di risonanza magnetica del tipo total body”, spiega l’avvocato Giacomo Cerullo che, insieme ai suoi colleghi Giovanni De Vergottini e Marco Petitto, ha rappresentato la struttura sanitaria privata nel giudizio dinanzi ai giudici amministrativi.
“Afferma il Tar che la previa verifica della compatibilità dell’installazione rispetto alla programmazione sanitaria regionale ‘non può risolversi alla luce dell’articolo 32 della Costituzione – che eleva la tutela della salute a diritto fondamentale dell’individuo – e dell’art. 41 – teso a garantire la libertà di iniziativa di impresa – in uno strumento ablatorio delle prerogative dei soggetti che intendano offrire, in regime privatistico (vale a dire senza rimborsi o sovvenzioni a carico della spesa pubblica, e con corrispettivi a carico unicamente degli utenti), mezzi e strumenti di diagnosi, di cura e di assistenza sul territorio’. Inoltre, ‘una politica di contenimento dell’offerta sanitaria non può tradursi in una posizione di privilegio degli operatori del settore già presenti nel mercato, che possono incrementare la loro offerta a discapito dei nuovi entranti, assorbendo la potenzialità della domanda; inoltre, deve sottolinearsi, ancora una volta, l’irrilevanza dei criteri di contenimento della spesa sanitaria, non versandosi a fronte di soggetti che operino in accreditamento’“.
Secondo i magistrati del capoluogo, il no della Regione ha violato “il principio di libera scelta del luogo di cura” e “l’interesse pubblico a che i pazienti (a qualunque struttura sanitaria si rivolgano, pubblica o privata) possano fruire di macchinari diagnostici i più moderni e precisi possibili’.
Inoltre, nella loro sentenza, i giudici Antonio Amicuzzi (presidente), Paolo Passoni (consigliere) e Lucia Gizzi (estensore) ribadiscono che le Regioni devono “garantire una ottimale distribuzione territoriale di strutture socio-sanitarie, evitando discontinuità ed asimmetrie localizzative, capaci di determinare deficit di capacità produttiva, penalizzando una parte della popolazione di riferimento nell’accesso ai servizi”.