Delocalizzare le industrie di Punta Penna, la cui convivenza con la Riserva naturale di Punta Aderci si fa sempre più problematica. Dopo l’incidente avvenuto su una nave cisterna, costretta a fare precipitoso rientro nel porto di Vasto perché un ventiquattrenne russo ha perso la vita a causa delle esalazioni della stiva e altri due suoi connazionali sono rimasti intossicati, Rifondazione comunista e Sinistra anticapitalista Abruzzo per la rete antiliberista e anticapitalista tornano a chiedere scelte politiche definitive sulla destinazione di Punta Penna.
“Se l’incidente fosse avvenuto in porto – chiedono le due formazioni politiche – avrebbe potuto correre rischi la zona, compresa la Riserva di Punta Aderci? Sono domande poste tante, troppe volte in questi anni. Basta scorrere i quotidiani per trovare molti comunicati di associazioni, tra cui Arci e Wwf, e comitati cittadini che hanno chiesto risposte in merito a possibili esalazioni nella zona, e a quali potrebbero essere i rischi.
L’Arci nell’agosto 2014 rendeva pubbliche alcune foto ricevute da turisti, in cui si notava un’enorme nuvola che si disperdeva nell’aria; nel comunicato si chiedeva l’origine di questa nube, da quale sostanza fosse composta e quali precauzioni sarebbero state prese ‘affinché il tutto non nuoccia alla salute’ (citiamo testualmente). Già nel febbraio precedente la stessa associazione aveva interrogato la politica, dalla quale è doveroso ricevere coraggio nel prendere decisioni definitive.
Decisioni definitive frenate da una presunta contrapposizione tra ambiente e salute pubblica da una parte, e lavoro dall’altro. Una presunta contrapposizione secondo noi, così come già varie volte affermato negli anni, frutto di una politica che non vuol riconoscere e agire per un altro modello di sviluppo, che può garantire tutti gli interessi pubblici in gioco e offrire molto più al territorio. Sviluppo e politica che dovrebbero partire dal tutelare un’area dove prosegue una convivenza, sempre più difficile a portarsi avanti, tra una zona industriale e una delle aree protette di maggior pregio, come ripetuti riconoscimenti nazionali e internazionali che ogni anno si susseguono attestano, dell’istituendo Parco Nazionale della Costa Teatina (altra vicenda sulla quale assistiamo tra Pd e centrodestra ad un incredibile rinvio ultradecennale). Senza dimenticare che il Piano territoriale di coordinamento delle attività produttive (Ptap) della Provincia di Chieti già dal 2007 evidenziava ‘l’urgenza di programmare politiche relative ad ipotesi di delocalizzazione di alcune attività che presentano evidenti situazioni di incompatibilità ambientale dovuti alla contemporanea presenza di una riserva naturale, di aree ad alta valenza paesaggistica e di siti archeologici di notevole rilevanza”.