Ernesto Di Marco, Marco Palucci e Gianluca Dell’Orso hanno 22, 23 e 25 anni. Sono gli unici tre vastesi (e tre dei pochi abruzzesi) ad essere riusciti a entrare nella graduatoria dei 100, che consente di studiare al San Raffaele di Milano, polo d’eccellenza dell’università e della ricerca nazionale e internazionale.
Negli anni scorsi, dopo il diploma – rispettivamente ai Licei tecnologico, scientifico sperimentale e classico di Vasto – è arrivato l’atteso superamento della rigda selezione a numero chiuso, che consente di essere ammessi a frequentare l’Università Vita e Salute San Raffaele ad appena 100 ragazzi ogni anno.
Gianluca, che si è già laureato con 110 e lode, Marco ee Ernesto hanno scelto il lungo e affascinante percorso di Medicina.
Cosa è cambiato nel passaggio dalla scuola all’università? Qual è stato l’impatto col mondo universitario?
Ernesto: “All’università c’è uno stile di insegnamento diverso. Il San Raffaele ricorda lo stile degli atenei americani: dal primo anno gli studenti fanno esperienza nei reparti ospedalieri. E nel settore medico la pratica conta più della teoria, soprattutto in un ospedale come il San Raffaele, che nel 2013 si è classificato al primo posto tra le strutture sanitarie italiane e può vantare professori di alto livello. Inoltre, il rapporto con i docenti sfiora l’informalità”.
Marco: “Quando andavo al liceo, ero convintissimo di scegliere ingegneria. Poi, al terzo anno, attraverso lo studio dell’anatomia, ho capito che mi interessava più la medicina. Avevo sentito parlare del San Raffaele e l’ho scelto perché si valorizza molto l’aspetto pratico e lo studente d’estate è libero di andare a seguire l’attività dei reparti chirurgici di quello che è un centro di riferimento nel mondo della sanità”.
Gianluca: “Sette anni fa, dentro il San Raffaele non c’era nessun vastese che mi potesse raccontare come era quell’ateneo ma, su consiglio di papà, ho provato i test di ammissione: per quanto fosse un’università giovane, fondata nel 1995, era già un polo di qualità. Ho sostenuto i test anche in altre sedi universitarie e sono riuscito a procurarmi più possibilità ma, quando è giunto il momento della scelta, non ho avuto dubbi. La vera eccellenza, al di là della didattica, è il rapporto docente-studente”.
Com’è stata la prima esperienza pratica nei reparti ospedalieri?
Marco: “Quando affronti la chirurgia d’urgenza, un po’ sei emozionato, teso; la paura di sbagliare è dietro l’angolo. Ci fanno suturare ferite, tagli cutanei e possiamo anche partecipare agli interventi come terzi operatori. Più vado avanti e più mi piace, penso ad una specializzazione in ambito chirurgico”.
Ernesto: “Il primo prelievo di sangue che ho eseguito non è andato benissimo. Ho dovuto bucare il braccio del paziente più volte per prendere la vena. L’infermiera ha subito cercato di sdrammatizzare, dicendomi: ‘E’ un finanziere, puoi bucarlo’. Pratica e teoria sono due mondi diversi”.
Gianluca, che ha già conseguito la laurea con 110 e lode e si appresta a scegliere la specializzazione: “Mi aspetta un anno in cui dovrò sostenere tre mesi di tirocinio, quindi l’esame di Stato e poi, a luglio 2016, il concorso nazionale”.
Dovrete scegliere la specializzazione e poi decidede del vostro futuro. Ormai siamo tornati a essere un popolo di emigranti. Il vostro futuro, come quello di molti altri giovani, lo vedete lontato dalle vostre radici, oppure pensate di tornare?
Ernesto: “La medicina di concede diverse possibilità. Io preferirei il ramo chirurgico. Dove? Non so se fidarmi del mio Paese: vorrei fare esperienza all’estero e poi tornare. Il mondo anglosassone ha il suo fascino. Credo nella sanità abruzzese e spero un giorno di farne parte. Ma nel campo della ricerca la maggior parte delle scoperte scientifiche arriva dagli Stati Uniti e dall’Inghilterra”.
Marco: “A gennaio dovrò scegliere il reparto definitivo ai fini della tesi. Fra tre anni sosterrò il concorso nazionale per la specializzazione. Non escluso un’esperienza all’estero che, tra l’altro, è richiesta nel curriculum e poi, magari, il ritorno in Italia in un grande centro: credo nella sanità italiana, come viene esercitata al San Raffaele”.
Gianluca: “Ho finito il percorso nel reparto di neurologia, un settore in prima linea grazie al lavoro del professor Comi. Sto riflettendo per capire come continuare il mio percorso, in Italia o all’estero è presto per dirlo. Ma voglio lasciare sempre un ponte verso casa per non staccarmi dalla mia terra d’origine”.