“Il mio primo maestro di pianoforte aveva detto a mio padre di non spendere più soldi per farmi studiare musica. Secondo lui ero negato e anche stonato”. Per fortuna la passione dell’adolescente Francesco Cimini ebbe la meglio e così convinse suo padre a comprargli la chitarra, strumento che aveva conquistato le sue attenzioni durante il periodo delle scuole superiori. Lui aveva già un nomignolo che lo paragonava ad uno dei più grandi chitarristi contemporanei. “Io ho un fratello più grande che mi passava qualche cassetta della sua musica. Io ascoltavo gli Iron Maiden, avevo la discografia completa degli AC/DC ma tra i suoi artisti fui conquistato da Keith Jarrett e Pat Metheny, probabilmente il chitarrista jazz con un sound molto accessibile”. L’assonanza tra il suo cognome e quello del celebre chitarrista gli fece così conquistare quel Pat che ancora oggi accompagna il suo nome in ambito musicale. Il percorso di Francesco Cimini parte da Casalbordino, con l’approccio alla chitarra che arriva molto tardi, dopo aver ricevuto una sorta di “benservito” dal maestro di piano. “La prima volta che ho preso la chitarra in mano frequentavo il 4° superiore ma era uno scandalo, non avevo nessuna intenzione di suonare seriamente”. I primi accordi furono sufficienti per accompagnare un brano da lui composto. “Non conoscevo bene la musica ma scrissi questa mia hit, Stefania”, dice sorridendo, ripensando ai tempi passati. Dopo il commento del suo primo maestro arrivò anche un secondo episodio spiacevole per Francesco. “Avevo un gruppo a Casalbordino in cui suonavo la chitarra ritmica. È andato avanti fino al 2001, poi le cose non andavano più come prima e, come accade nelle band, si va alla ricerca di un capro espiatorio. Alla fine fui indicato io e per me quello fu un duro colpo perchè ci credevo davvero tanto in quel progetto. Mi sono dovuto defilare, per un paio d’anni non ho suonato con nessuno, me ne stavo solo in casa a provare e riprovare.
Fino a quando non arrivò la chiamata di un gruppo che cercava un chitarrista, i Red Room, vover band dei Led Zeppelin, che gli fece tornare la voglia di suonare su un palco. Il periodo fu molto favorevole per il giovane chitarrista, che fino a quel momento aveva avuto un approccio alla chitarra da autodidatta. Arrivò per la sua occasione. “Tiziano Cardone mi sentì suonare, in una serata all’Almanach dei tempi gloriosi, e mi chiese se volevo dargli una mano sostituendolo quando non poteva tenere lezione. Fui sorpreso dalla sua richiesta e gli risposi: se ti fidi ci provo”. Per Pat Cimini iniziarono anni da ricordare. “Quelli dal 2006 al 2010 sono stati pazzeschi. Mi sono buttato in questa esperienza e ho iniziato a studiare moltissimo, per essere pronto ad insegnare ai ragazzi le lezioni che in precedenza avevo imparato io. Avere un maestro è importantissimo, però se riesci ad organizzare il lavoro una buona parte la tiri fuori. Dovendo insegnare le lezioni le studiavo prima io”. Negli anni come insegnante “ho avuto il piacere e l’onore di avere sotto le mani gente che suona bene come Matteo Colonna, Matteo Barbato, Simone Ranieri, Giovanni Carosella, Michele Canci e tanti altri. Tanti di loro sono andati avanti e vedo con estremo piacere quanto sono diventati bravi”. E così sono arrivate anche tante esperienze musicali per Francesco che continuava a crescere nella tecnica, divenendo uno di punti di riferimento delle sei corde nel territorio, particolarmente apprezzato per la sua “velocità” sulla tastiera. “Prima andavo solo veloce. Poi, incontrando il jazz, come una sorta di folgorazione sulla via di Damasco, ho iniziato a pensare che solo la velocità non era più sufficiente. Ho iniziato a pensare che oltre al gusto e alla velocità ci voleva il timing musicale. Ma sono caduto, come tutti, nella disperazione assoluta perchè quando incontri il jazz prendi delle bastonate, però devo dire che mi sta insegnando tanto. In questo devo ringraziare Nicola Cordisco, il mio più importante maestro, Nicola Cedro, con cui abbiamo degli ottimi incontri di crescita. E poi Vitale Di Virgilio, chitarrista lancianese davvero bravissimo”.
Nell’incontro a casa di Francesco Cimini ci sono anche sua moglie e la sua bimba, ascoltatrici privilegiate della musica che spesso proviene dalla stanza dove ‘Pat’ tiene chitarre e amplificatori. Però per loro non ha scritto neanche una breve canzone. “Deve essere una specie di rigetto quella di non riuscire a scrivere niente di mio. Con il primo gruppo facevano solo inediti. Credo che la delusione per come sono andate le cose mi abbia bloccato su questo aspetto”. Poco male, perchè Francesco Cimini riesce ad esprimersi al meglio anche semplicemente imbracciando una delle sue chitarre e riarrangiando un brano già conosciuto. Cose che gli riescono benissimo nei due importanti progetti musicali in cui impegnato. Gli StiMolisani, band che si sta facendo strada e che propone una rivisitazione in chiave swing di grandi classici della musica italiana e straniera. E poi i Cartoni Animali, con cui Francesco continua a togliersi grandi soddisfazioni. “E abbiamo in serbo tante novità”. Ognuno dei due progetti ha delle peculiarità. Il primo è quello “a cui tengo al punto di vista prettamente qualitativo. Invece i Cartoni Animail sono speciali per quando riguarda la vita di gruppo. Abbiamo suonato tanto in giro e non vogliamo fermarci. La curiosità rispetto ai suo “esordi” nel mondo della musica, è che in entrambi i gruppi Pat Cimini canta. “Ma come, non eri stonato?”, gli chiedo io quasi prendendolo in giro. “Si vede che con gli anni sono migliorato”, risponde lui a tono. Se la sua timidezza lo porta a misurare ogni parola nel raccontare il suo percorso musicale, basta entrare nel suo “antro” come lo chiama lui, fargli scegliere una delle chitarre che abitualmente utilizza e chiedergli di suonare per vedere espresse tutte le sue qualità. E così, da un assaggio del Garibaldi Innamorato (che suona con gli StiMolisani) all’intramontabile Sampei, ci regala un mini concerto prenatalizo.
Testo di Giuseppe Ritucci
Immagini di Costanzo D’Angelo
Puntata 1. Loris Baccalà (l’articolo) Puntata 2. Bruno D’Ercole (l’articolo) Puntata 3. Fabio Celenza e Miryam Conte (l’articolo) Puntata 4. Angelo Malàk Ciavatta (l’articolo) 5. Nicola Ciccotosto (l’articolo) 6. Jacopo Pellicciotti (l’articolo)