Ci sono due indagati dopo il processo di primo grado sull’omicidio di via Anghella. Due testimoni che in aula, nel corso degli interrogatori, avrebbero rilasciato al magistrato giudicante dichiarazioni prive di riscontro e ora rischiano l’incriminazione per falsa testimonianza.
E’ quanto emerge dalle motivazioni della sentenza, di cui le parti sono venute a conoscenza la scorsa settimana, entro il termine di 90 giorni previsto dalla legge per la pubblicazione dell’intero documento di cui, al momento del verdetto, il magistrato aveva dato lettura del dispositivo.
Un faldone di circa 200 pagine in cui il giudice del Tribunale di Vasto, Anna Rosa Capuozzo, spiega i motivi di fatto e di diritto in base ai quali ha condannato il trentanovenne Marco Del Vecchio a vent’anni di reclusione perché ritenuto responsabile dell’omicidio dei suoi genitori, Emidio Del Vecchio e Adele Tumini, assassinati con 111 coltellate il 17 novembre 2012 nella casa in cui tutti e tre abitavano in via Anghella.
Il processo si è svolto con rito abbreviato, che consente di ottenere lo sconto di un terzo della pena, e a porte chiuse. Il magistrato ha accertato, attraverso le perizie psichiatriche, la piena capacità d’intendere e di volere dell’imputato e verificato la completa attendibilità della testimonianza della sorella di Del Vecchio, Nicoletta, parte lesa in questa triste vicenda. Al trentanovenne sono state riconosciute le attenuanti generiche, che hanno neutralizzato le aggravanti della crudeltà dell’atto e della minorata difesa delle vittime.
Inoltre, il giudice Capuozzo dispone la trasmissione degli atti alla Procura di Vasto affinché si apra un’inchiesta su due testimoni che, durante gli interrogatori, alle domande avrebbero fornito risposte prive di riscontro.
Dal canto suo, la pubblica accusa, rappresentata in giudizio dal pm Enrica Medori, potrebbe ricorrere in Cassazione per chiedere alla Suprema corte una condanna più pesante, cui si opporrebbe la difesa di Del Vecchio.