Il crollo del trabocco Turchino, adagiato sul mare ai piedi dell’omonimo promontorio, ha suscitato forti sensazioni negli abruzzesi e in particolare negli abitanti di quella costa che prende il nome dalle antiche macchine da pesca. Il Turchino era il simbolo di questi luoghi, il trabocco descritto da Gabriele D’Annunzio nel suo Il trionfo della morte come “la grande macchina pescatoria, simile allo scheletro colossale di un anfibio antidiluviano”.
Fino al prossimo settembre lo scenario resterà quello desolato dei tronchi di legno ammucchiati sugli scogli. Poi, come annunciato nei giorni scorsi, il trabocco verrà ricostruito grazie all’impegno economico della regione e di due sponsor privati. A realizzare i lavori che faranno sorgere un nuoto trabocco Turchino sarà la ditta dell’imprenditore vastese Mario Tenaglia.
Per rendere omaggio al simbolo della costa abruzzese pubblichiamo una bella poesia di Eva Laudace, scritta lo scorso mese di novembre.
Punta Turchino
Non volevo più credere
alla nascita segreta delle cose
ma farmi madre
sentirmi pancia
partorirti
richiamare a battesimo la luce del Turchino
sciogliere i capelli al trabocco
sostenerti
nel mio tempo non tempo
variabile femminile
amore indisponibile
per questo eterno
cantilena dolce di bambina.
Volevo metterti tra le albicocche
schiacciarti un poco la testa sui rami
o più forte la bocca
su una fetta di pane
raffermo mangiarti
insieme ai cannolicchi
darti la nuca e i nascondigli tutti mancare
la notte dei falò.
E altro volevo
molto altro
non volevo altro volevo
abitare nella casetta sul mare.
Di me non si dica che ero bella e di buon cuore
si dica solo che avevo il coraggio.