La parola chiave dell’omelia dell’Arcivescovo Bruno Forte nell’ambito della Celebrazione rituale della Sacra Spina a Vasto è stata ” dolore”.
Le parole di Bruno Forte (clicca qui)
“Siamo attenti al dolore?”, “Abbiamo paura di guardare il dolore”. Affermazioni profonde, forti con delle punte di grande dolcezza parlando dei sofferenti, parole che hanno dato il via a pensieri che hanno accompagnato il lento andare della processione, pensieri laici, pensieri da medico.
Il dolore non è solo un sintomo, qualche volta è il peggio della malattia, si sovrappone all’ansia, alla paura della decadenza, toglie il fiato, toglie qualità alla vita.
Siamo attenti al dolore? Dalle nostre parti poco! Nonostante le leggi, nonostante i LEA il parto in analgesia non è possibile in tutti gli Ospedali con punto nascita, la diffusione della pratica dell’analgesia e la competenza farmacologica non ancora capillarmente diffusa. Si continua a non investire adeguatamente nella terapia del dolore sottovalutando, anche in un’epoca in cui tutto si riporta ai costi, la ricaduta economica del dolore: la lombosciatagia è tra le cause più frequenti di assenze sul lavoro per malattia.
L’attenzione al dolore va di pari passo con l’attenzione alla dignità.
Quelli che hanno la grazia della fede guardano al dolore con lo spirito e i sentimenti che ha richiamato il Vescovo, ma forse una maggiore spinta all’attenzione al dolore fisico, inutile componente dell’angoscia di vivere per chi è malato, ci aiuterebbe a ricordare che non basta un farmaco, non basta una buona diagnosi, non basta un intervento a regola d’arte per dare qualità al percorso di cura, guardare e ricoscere il dolore, accoglierlo, curarlo senza pregiudizi, senza paura dei farmaci ma con un uso appropriato è un atto dovuto per chi ha scelto di occuparsi di salute. Curare il dolore non è un atto di pietá, per i medici è un sacrosanto dovere. L’Italia ha delle buone leggi sul dolore ma se restano parole servono a poco.
Maria Amato