Si discute da giorni dell’idea di introdurre l’Imposta di soggiorno a carico dei turisti che decideranno di trascorrere le loro vacanze o parte di queste, a Vasto. Colgo l’occasione per entrare nella discussione e cercare modestamente di proporre qualche ulteriore spunto di riflessione. Apprendo che si sarebbero costituite due fazioni: quella di chi ha proposto l’idea e la sta difendendo e quella che ad essa si oppone e la sta osteggiando.
Intanto inizierei con il chiamare le cose con il loro nome. L’Imposta di soggiorno non può essere chiamata “Idea”; le idee, al contrario delle bugie, hanno le gambe lunghe, lunghissime. E corrono. Proiettano chi le ha create e chi decide di condividerle nel futuro, hanno un respiro ampio e spesso decidono il destino di una persona o di un popolo, determinano il successo o il fallimento.
Chiamare “Idea” l’Imposta di soggiorno mi sembra intellettualmente offensivo sia per chi l’ha proposta e la difende che per chi in questi giorni ad essa si è opposto e la sta combattendo. Ma innanzitutto mi sembra che parlare di idee in questi termini, sia beffardo per un territorio e una città che Dio solo sa quanto di Idee avrebbe bisogno e da tempo le sta aspettando.
Discutere della propedeuticità di tale provvedimento a difendere e sostenere la vocazione turistica di Vasto significa porre sul tavolo una questione che a mio avviso non esiste e imbastire una discussione alla fine della quale, se mai ci sarà una fine, non si arriverà ad un accordo. Ancora una volta non si forniranno delle risposte.
Porre la questione in questi termini significa rendere inevitabilmente inconciliabili le posizioni di chi (l’amministrazione) ha bisogno di drenare risorse e vede in questo orizzonte un’opportunità e chi (gli operatori) invece individua nell’imposta di soggiorno una minaccia per la competitività della propria azienda. Si continuerà a discutere all’infinito, la posizione di ognuno dei due interlocutori sembrerà legittima, ma il risultato sarà sempre e solo uno: non arrivare mai ad una soluzione condivisa.Tutto ciò in un terreno (il turismo) dove invece la condivisone, di obiettivi e azioni, rappresenta un valore irrinunciabile.
Diversa a mio avviso sarebbe la situazione se invece che introdurre la discussione partendo dall’Imposta di soggiorno, lo si facesse mettendosi seduti allo stesso tavolo ma ragionando su un concetto diverso e decisamente più ampio: la competitività della nostra città e del nostro territorio sul mercato turistico. E’ necessario innanzitutto un approccio sistemico alla questione. Non è più una singola impresa turistica (albergo, villaggio, campeggio) a dover misurare la propria competitività; nel mercato turistico globale è ciascun territorio o distretto che deve saper confezionare il proprio pacchetto e proporlo al mercato saggiandone la competitività.
Arrivare a creare un “prodotto turistico” non è senza dubbio un facile percorso. Occorre prima di tutto compiere un’attenta analisi circa le opportunità e le carenze che ciascun territorio possiede. Una volta chiariti e analizzati per bene, questi elementi saranno la base e le leve su cui lanciare un vero grande progetto turistico per Vasto ed il suo territorio. Un progetto che sia finalmente capace di proiettare la nostra città nel futuro consentendole di competere in un mercato che ha ampi margini di crescita.
I dati parlano chiaro. Il turismo è un mercato che nonostante la crisi congiunturale, è riuscito a contenere le perdite e in taluni casi anche a continuare a crescere. Ma per garantire dei premi chiede in cambio una cosa: scelte coraggiose e radicali. Come altri settori, anche quello turistico oggi richiede delle specificità e delle specializzazioni. “Non è più tempo di luoghi e persone buoni per tutte le stagioni”.
Le risorse sono sempre meno e questo sta a significare che occorre canalizzarle verso progetti realmente produttivi. Occorre fare una scelta di campo: scegliere una destinazione turistica, una vocazione per questa nostra città e per il nostro territorio. Occorre scegliere un mercato di riferimento e sulla base di questo iniziare a confezionare un prodotto che sia realmente su misura. Questo significa creare e dare vita ad un progetto. Significa creare un valore, fare del proprio territorio un “brand” che garantisca in quanto tale riconoscibilità e specificità di offerta.
Non si tratta di un’esperienza nuova, perché tante altre realtà l’hanno già adottata con ottimi risultati. L’estate scorsa sono stato in Salento per incontrare alcuni imprenditori turistici ed ho avuto modo di farmi raccontare la loro esperienza. Oggi possiamo dire che il progetto-Salento è stata un’esperienza vincente per il territorio e avvincente per chi l’ha condotta. Lo testimoniano i dati: scalzando mete storiche come la Sardegna e la Versilia oggi il Salento è diventato senza dubbio il più florido polo turistico italiano e anche nel 2013, che i dati consegneranno probabilmente alla storia come il peggiore di questa crisi economica, è stato in grado di far segnare dei tassi di crescita a doppia cifra. Dietro quel mezzo miracolo, non ci sono trucchi, c’è stata “solo” la scelta coraggiosa di amministratori e operatori, che hanno dato a quella terra una destinazione precisa, una via su cui crescere e svilupparsi, scommettendo nelle sue potenzialità e nelle sue risorse. Oggi il brand “Salento” è globale, conosciuto in tutto il mondo e sinonimo di eccellenza per chi cerca un determinato tipo di vacanza.
Il nostro obiettivo deve essere questo: costruire un brand competitivo che possa confrontarsi sul mercato e abbia l’ambizione di primeggiare. Possiamo farlo. Bisogna mettersi in cammino per creare un prodotto che garantisca un valore a chi decide di sceglierci come meta per le proprie vacanze. Ma per far ciò è indispensabile scegliere, decidere in modo definitivo a quale mercato rivolgersi: quello dei giovani, degli anziani, delle famiglie in cerca di relax, degli amanti della natura e del mangiar sano, sono innumerevoli le possibilità.
Bisogna scegliere la vocazione turistica della nostra città e del nostro territorio e sulla base di questa programmare gli investimenti. Le amministrazioni pubbliche e gli operatori privati saranno così entrambi protagonisti imprescindibili di questa sfida che occorre lanciare. La pubblica amministrazione con il compito di favorire e monitorare la reale attuazione di investimenti funzionali al progetto e i privati mettendo idee a disposizione del territorio. In questi termini, anche l’ipotesi dell’introduzione dell’imposta di soggiorno potrebbe essere considerata un’opportunità non solo da chi la introduce ma anche da chi “la subisce”, semplicemente perché funzionale a sostenere un progetto di sviluppo turistico condiviso e condivisibile.
Provvedimenti estemporanei, frutto di scelte non organiche a nessun progetto, non vengono capiti dagli operatori e ancor meno dai turisti. La scelta di una precisa destinazione turistica è senza dubbio una scelta coraggiosa perché significherà restringere notevolmente il bacino di utenza, ma è a mio avviso l’unica percorribile. E’ il tempo di scelte coraggiose.
Siamo fortunati, perché nel bene o nel male non abbiamo scelta, il turismo è l’unica carta che possiamo giocare per conquistarci il futuro. Non possiamo avere esitazioni. Aggiungo che siamo doppiamente fortunati. Chi come me si confronta ogni giorno con i turisti può raccontare che la carta che abbiamo a disposizione non è una carta qualsiasi, ma un vero e proprio asso.
Ho sentito di un comandante che impegnato in un combattimento dopo aver sbarcato i suoi soldati in un isola nel campo di battaglia diede ordine di bruciare le navi con le quali gli stessi erano arrivati. A primo impatto potè sembrare una mossa azzardata, in realtà fu un modo straordinario per infondere fiducia nel suo esercito e far capire che la fuga non era un’ipotesi di contemplare perché la vittoria era un obiettivo realmente alla loro portata. La capacità di chi assume una scelta coraggiosa di non ammettere sconfitta è un’incredibile iniezione di fiducia per chi questa scelta è chiamato a condividerla.
Ecco, è di questa fiducia che abbiamo bisogno. E di un’Idea coraggiosa. Che sia un po’ più grande di una imposta di soggiorno.
Alfonso Traino