Vent’anni dopo il ricordo è ancora vivo. La Vasto sportiva non lo ha dimenticato, è rimasto nel cuore con i fatti, non solo nel più classico degli striscioni. Bastò un solo anno di presidenza al Commendatore Dante Marramiero, per farsi amare e ricordare. Un uomo dallo stile antico, il volto segnato dagli anni di duro lavoro ed un sorriso dolcissimo come il Novello delle sue cantine. Era la primavera del 1992 quando cominciarono le trattative che lo portarono ad acquisire il pacchetto di maggioranza della Vastese calcio. Giusto in tempo per programmare la stagione calcistica successiva. In panchina, il Commendatore volle un giovane alle prime esperienze nelle giovanili del Lanerossi Vicenza, Gianni De Biasi. Lo aveva conosciuto a metà degli anni settanta, ai tempi in cui era dirigente del Pescara e lui, De Biasi, un promettente mediano dal fisico possente, ma con i piedi non proprio rudi come i Furino e i Benetti dell’epoca. Gli erano rimasti impressi i tratti caratteriali del ragazzotto veneto: serietà professionale e determinazione da vendere. Fu la prima scommessa di Dante Marramiero nel calcio: vinta, naturalmente.
Dopo un girone di andata a corrente alternata, la Vastese trovò la sua identità al giro di boa e concluse brillantemente il campionato al sesto posto. Era la Vastese del solito “ruba posto” De Filippis tra i pali, dopo qualche giornata sostituto di Raveane; “dell’ultimo” Castorani e del giovane Naccarella in rampa di lancio definitivo; del clan romano formato da Manganiello, Cesari, Arcese e Malaccari. Era la Vastese dalla classe sopraffina di Gianni Picasso, Mimmo Giacomarro e Chicco Lunardon, delle meteore Alpini e Mottalini. Il vice allenatore era un greco trapiantato in Italia, Igor Charalampopoulos. Ma era la Vastese, soprattutto, del Commendatore di Pescara che mandò in città a farne le veci quotidiane uno dei suoi tanti uomini di fiducia: il dottor Agostino Pantalone. “Abbiamo un uomo nel cuore, un presidente vero, è Dante Marramiero, è Dante Marramiero”, dalla curva il saluto al suo numero uno. Il coro di ogni domenica al passaggio in campo prima di ogni partita.
Ma Vasto non è città baciata dalla fortuna, troppa ne ha avuta in dote dal Padreterno nel pensarla così bella e raggiante nel suo impareggiabile golfo, guardata a vista dalla storica residenza dei Marchesi D’Avalos, vigilata dalla passeggiata della terrazza adriatica. Men che meno la Vasto calcistica, regina d’Abruzzo tra la fine degli anni sessanta e l’inizio del nuovo decennio. Il 22 ottobre del 1993 il Commendator Dante Marramiero si spense a Rosciano, nella sua terra natia, circondato dall’affetto della famiglia e dei suoi figli, troppo giovani ed impegnati ad ereditare un impero che faceva paura solo a pensarlo, creato dal capostipite nel ventennio di lavori in terra di Sicilia. Troppo, il peso ereditato per dedicarsi anche al calcio e ai colori biancorossi che invece avevano fatto breccia nel cuore del Commendatore, ancora giovane per “giocare” con una squadra di calcio da portare il più in alto possibile. Il figlio Enrico, oggi Presidente di Confindustria nella provincia di Pescara, buon sangue non mente, onorò l’impegno assunto da papà fino a fine stagione per poi passare la mano all’imprenditore romano Armando Scopelliti, non prima di aver garantito il ripescaggio in C/2.
La giovanissima squadra guidata in panca da Alessandro Salvioni non ce la fece a mantenere la categoria, cadendo però solo sull’ultimo ostacolo, nel derby-spareggio contro l’Avezzano il 19 giugno del 1994. 0-1, gol di Orocini al ‘9. E guarda un po’ il destino, le combinazioni di un amore nato per caso tra questi colori e Dante Marramiero. Vent’anni dopo, nessuno di noi lo ha dimenticato, come lo striscione esposto nel derby contro il San Salvo recitava. “Ma nemmeno io ho dimenticato voi”, sembra voler dire oggi lo strepitoso gol di Peppe Soria al Dei Marsi di Avezzano nella ripresa. Minuto 19…
Gabriele Cerulli