Henry Okoroji Ndubueze, ex difensore e capitano della Pro Vasto, è arrivato in città nell’estate del 2004, da allora, nonostante il suo percorso professionale lo abbia portato a indossare altre maglie, ha continuato a vivere qui, dove ha conosciuto sua moglie Marta e dove 4 anni fa è nato suo figlio Mathew.
Completamente integrato, tanto che parla e comprende anche il dialetto vastese, da circa un anno ha ottenuto la cittadinanza italiana ed è comunitario a tutti gli effetti. E’ nato nel 1984, ma sulla data si lascia prendere in giro dagli amici che mettono in dubbio l’affidabilità degli anagrafi africani. Potrà capitarvi di vederlo correre al campo sportivo della 167, è lì che si tiene in forma quando torna. Nell’ultima stagione ha militato in Serie D nella squadra calabrese del Comprensorio Montalto Uffugo, 26 presenze e 1 gol.
Quando hai iniziato a giocare a calcio?
In Nigeria ho sempre giocato da difensore, oltre a studiare al college, a scuola ero bravo, poi a 16 anni sono arrivato in Italia a Reggio Emilia nel 2001, c’erano tanti ragazzi di belle speranze come Martins, Ekong, Eliakwu, Benjamin e Makinwa.
Nella Reggiana ti sei messo in mostra.
Dopo due anni nella formazione Beretti sono passato in prima squadra in C1 e nella stagione 2003/04 ho realizzato il gol salvezza nei play out contro il Varese, abbiamo vinto 1-0 fuori casa, una rete da 30 metri. Al termine della stagione ho collezionato 16 presenze. In panchina ad allenarmi c’erano prima Bruno Giordano, poi Angelo Gregucci e Adriano Cadregari con cui ho lavorato anche alla Pro Vasto e con il quale mi sento ancora oggi. In quella squadra c’erano Paramatti, De Vezze, Goretti, Sadotti, Mondini.
Poi sei arrivato a Vasto.
Nella stagione 2004/05 contattato da Giuliano Fiorini, insieme a Ugo Ukah, mio amico dai tempi della Reggiana, l’anno dopo è andato a giocare poi in Inghilterra nel Queens Park Rangers, per lui subito esordio con autogol, fu l’unica presenza e non vide mai più il campo, anche se poi, a parte la parentesi a Giulianova, in Polonia si è imposto diventando il capitano del Widzew Lódź con cui ha giocato oltre 100 partite per poi passare al Jagiellonia sempre nella stessa nazione. A Vasto ho conosciuto mia moglie Marta ed è nato mio figlio, in tutto sono rimasto per cinque stagioni, purtroppo mi sono anche rotto la tibia e sono stato fermo 8 mesi. Il primo impatto è stato molto positivo, mi è sempre piaciuto stare qui, amo Vasto, ormai è la mia città, il mare è la parte che mi piace di più.
Dopo Vasto la Fiorentina e l’esperienza all’estero, in Bulgaria.
Prima nella Fiorentina Primavera, allenata da mister Cadregari che ha voluto, è stata una bella esperienza, ma è durata poco, poi sono passato alla Lokomotiv Plovdiv nella massima serie in Bulgaria, ma appena arrivato hanno sparato al presidente, è stata una situazione molto spiacevole. In futuro vorrei provare di nuovo a giocare all’estero, magari in Inghilterra.
Poi una breve parentesi a Chieti e di nuovo la Pro Vasto.
Ho giocato nel Chieti 7 mesi, abbiamo vinto il campionato di Eccellenza e siamo stati promossi in D, anche in quella stagione ho realizzato un gol importante contro il Casoli. Poi sono tornato a casa a Vasto in D con vittoria del campionato e Scudetto Dilettanti. Quello per me è stato l’anno più bello, con Pino Di Meo, con cui parlo ancora spesso, mio ex compagno di squadra poi diventato il mio allenatore, lui è stato sia il miglior tecnico che ho avuto sia il compagno di squadra più forte con cui ho giocato. Mio figlio è nato nella settimana al termine della quale ho giocato, segnato e vinto contro il Siracusa nella finale Scudetto, senza allenarmi. Poi la C2, il fallimento e Flaminia, Casertana e Montalto Uffugo, tutte in D.
La tua forza fisica è così impressionante che si dice che una volta per la rabbia hai sollevato una lavatrice nello spogliatoio.
Non è stata una cosa così eclatante, ero solo un po’ nervoso.
Con quali compagni di squadra hai legato di più?
Con Avantaggiato, Somma, Schettino, Soria, Bonfiglio, Potenza, Bombara che quest’anno ho affrontato da avversario, adesso è a Messina. Tra gli altri in questa stagione ho giocato anche contro Giorgio Corona. Tra i miei compagni di squadra più estrosi in biancorosso ci sono sicuramente Parente, Bonomi, Muratore e Marasco, in quest’ordine. Un altro grande personaggio era Dombolo, non so che fine abbia fatto, la sua storia si perde nella leggenda, ormai di lui si narra di tutto (da presunte affiliazioni al clan dei marsigliesi, al carcere, ma è tutta invenzione popolare).
Quali sono i tuoi amici tra i calciatori nigeriani?
Makinwa, ricordo quando sono stato suo ospite per seguire Lazio-Chievo qualche anno fa quando giocava nel Chievo in prestito dalla Lazio e ha segnato il gol vittoria, poi abbiamo avuto modo di salutarci nella sua casa romana, è un grande amico, adesso gioca nella Carrarese. Così come Obinna che milita nella Lokomotiv Mosca, Ennynnaya, Martins, oggi nella Major League Soccer in Usa e l’ex Vasto Marina Azeez.
E Taribo West?
Non è proprio un mio amico, ma ho avuto modo di conoscerlo, sono stato a Milano a casa sua, è un personaggio davvero molto particolare, si veste in modo originale e indossa sempre la giacca di pelle, anche quando fa caldo.
Com’è andata la stagione in Calabria?
Bene, ma si poteva fare meglio.
Tornerai a giocare a Vasto?
Qualcuno mi ha già cercato, ma è difficile, vedremo, il calcio a Vasto deve essere fatto in maniera più seria. Alcune persone devono dimostrare di essere uomini veri.
A fine carriera cosa farai?
Andrò a giocare sicuramente nel Real Porta Palazzo del mio amico presidente Domenico Zillotti. Inoltre mi piacerebbe allenare i ragazzi, ma dipende dal progetto, a Vasto non ne vedo uno importante sui giovani e mancano le strutture. Tanti ragazzi giocano sulla terra battuta e poi a 15 anni non sanno più giocare o si fanno male. Le famiglie la considerano una cosa normale, li mandano a giocare ma non conoscono i rischi.
A proposito di giovani, tuo figlio seguirà le tue orme?
Farà quello che vuole, gli consiglierò però che a 18 anni o arriva in A oppure è meglio che lascia perdere con il calcio e prosegue con gli studi. Nel calcio non sempre si incontrano uomini veri, in quei casi è meglio abbandonare.