Carne, edilizia e abbigliamento. Sono i settori in cui operavano le tre aziende finite nella rete investigativa di finanza e Procura di Vasto. Sono imprese di medie dimensioni di Vasto e San Salvo.
Dopo i 25 denunciati del 2012, il 2013 si apre con altri 7 imprenditori nei guai per aver messo in atto “fallimenti preceduti da comportamenti fraudolenti e, in alcuni casi, si può parlare anche di fallimenti pilotati“, spiega il capitano Luigi Mennitti, comandante della Compagnia di Vasto.
“Gli indagati sono accusati di aver distratto beni strumentali, soldi e merce, sottraendoli così ai creditori. Ricostruire il percorso del denaro è difficilissimo, non sappiamo dove sia finito. E’ una cosiddetta probatio diabolica. La merce, invece, è stata rivenduta in nero, intascando il denaro”.
Sono quelli che vengono definiti fallimenti con le tasche piene: il capitale dell’azienda (soldi, merce, attrezzature e macchinari) invece di essere utilizzato per saldare i debiti, viene fatto sparire, in modo che i debitori non possano impossessarsene.
Le inchieste seguono queste tappe: il curatore fallimentare segnala alla Procura di Vasto le situazioni sospette. Poi l’ufficio diretto dal procuratore Francesco Prete delega le Fiamme gialle.
Bancarotta documentale e distrattiva: da questa accusa devono difendersi i 7 dirigenti d’azienda incastrati dagli investigatori. Rischiano una condanna fino a 10 anni di carcere e il divieto di fare gli imprenditori per il prossimo decennio.
Ma non è finita. “Altre indagini sono in corso”, dice Mennitti. I bilanci di 17 imprese sono ancora sotto la lente d’ingrandimento dei finanzieri della caserma Rosati.