La difesa sceglie la strada del silenzio. Come, del resto, aveva fatto lo stesso indiziato durante la perizia psichiatrica. “Marco Del Vecchio è tranquillo”, dice il suo avvocato, Raffaele Giacomucci. “Aspettiamo il 12 aprile, giorno in cui sapremo l’esito della perizia” affidata dal giudice per le indagini preliminari, Caterina Salusti, al dottor Ferruccio Canfora, consulente tecnico d’ufficio nominato dal magistrato per rispondere a una domanda fondamentale: il 37enne vastese era capace d’intendere e di volere il 17 novembre scorso? E’ il giorno in cui i suoi genitori, Emidio Del Vecchio e Adele Tumini, sono stati assassinati con 111 coltellate nella casa di via Anghella che condividevano col figlio, arrestato sulla Loggia Amblingh attorno alle 11 del mattino seguente dai carabinieri.
A fare la macabra scoperta erano stati i militari: attorno alle mezzanotte che segnava il passaggio tra sabato e domenica, erano entrati in casa insieme a Nicoletta, altra figlia della coppia. La donna, col fratello Osvaldo, ora è parte offesa in questa tragica vicenda. Assistiti dall’avvocato Gianni Menna, entrambi si costituiranno parte civile nell’eventuale processo a carico del loro fratello Marco. La questione ruota attorno alla capacità d’intendere e di volere. Un’incapacità totale escluderebbe l’imputabilità e, quindi, l’uomo non potrebbe essere processato. Un’incapacità parziale potrebbe, in caso di condanna, far avere all’indagato un forte sconto di pena.
“Non parlo”. Sono state queste le uniche parole pronunciate da Marco Del Vecchio il 12 febbraio scorso, nell’ultima, brevissima seduta della perizia psichiatrica. L’incontro finale è durato solo pochi secondi. Ora l’esperto incaricato dal magistrato deve formulare il parere medico da cui dipende il futuro di questa triste storia.