“Come può una persona che si infila un cappuccio in testa, si arma di coltello, entra in una casa della donna e la uccide essere incapace d’intendere e di volere? Questo è un omicidio non solo volontario, ma anche premeditato”. La parte offesa va all’attacco. Giovanni Cerella, avvocato dei familiari della vittima, replica alla tesi della difesa, secondo cui Vito Pagano, il 28enne sansalvese accusato di aver ucciso a coltellate Albina Paganelli, 68 anni, era incapace e, dunque, non sarebbe imputabile dell’omicidio. Ieri l’avvocato Fiorenzo Cieri che, insieme alla sua collega Clementina De Virgiliis, difende l’indagato, ha dichiarato: “La nostra perizia è stata già depositata. Dice che Pagano non era capace d’intendere e di volere al momento in cui sono accaduti i fatti”.
La parte offesa – Di tutt’altro avviso Giovanni e Antonello Cerella, i legali della famiglia di Albina Paganelli: “La nostra perizia, affidata ai professori Cristian D’Ovidio e Massimo Di Giannantonio, giunge a queste conclusioni: Pagano era pienamente capace d’intendere e di volere il significato e la portata dell’atto. L’uso di sostanze stupefacenti è un’aggravante e non un’esimente. Come può – dichiara Giovanni Cerella a ZonaLocale.it – una persona che si infila un cappuccio in testa, si arma di coltello, entra in casa della donna e la uccide essere incapace d’intendere e di volere?”.
Decisiva sarà la relazione dei consulenti nominati dal giudice per le indagini preliminari: la psichiatra teramana Maria Cinapro e Vittorio Sconci, direttore del Dipartimento di salute mentale dell’Aquila. Il 29 gennaio l’udienza che chiuderà l’incidente probatorio e stabilirà se Pagano può essere processato.