Roberto Lauriola ha 32 anni, si definisce “un vastese quasi di nascita e come tutti quelli che hanno visto Vasto almeno una volta nella vita, innamoratissimo della mia splendida città”. Oggi lavora a Barcellona per una nota azienda informatica, che per contratto non può nominare.
Quando le strade si sono divise?
Purtroppo, o per fortuna, spesso il posto dove si trova il modo di migliorare è lontano da quello dove si è cresciuti. Tutto è iniziato dopo la maturità, nel 2000 e come tanti studenti ancora “affamati” di sapere scelsi una sede né troppo lontana né troppo vicina da casa per proseguire gli studi. A Rimini mi iscrissi alla facoltà di Economia del Turismo, era la mia prima esperienza fuori di casa ed ero convinto che fosse la migliore scelta per me e in effetti lo fu. Studiare fuori, lavorare e condividere l’appartamento con altri vastesi trapiantati al nord come me mi ha fatto crescere. Questa è stata la mia vita per circa 6 anni, nel frattempo avevo già preso una decisione: andare un paio di mesi all’anno all’estero per migliorare l’inglese. Così sono passato per Francia, Olanda, Spagna e Irlanda. Avendo studiato Economia del Turismo, ma avendo alle superiori una media in inglese vicina al 4, dovevo assolutamente migliorare.
E così è iniziato il tuo giro per l’Europa.
Dopo la laurea decisi di partire per Cork, nella Repubblica d’Irlanda. La scelta è caduta su quel posto perché è una piccola città del sud, molto accogliente, con un bel mix culturale e altri ragazzi nella mia stessa situazione. Ho vissuto lì per 8 fantastici mesi lavorando come barman e girando per il sud. Poi un bel giorno mi offrirono un lavoro come fotografo all’Aqualand di Corfú (incredibile ci hanno copiato il nome) per 6 mesi, una bellissima esperienza di vita, soprattutto perché guadagni meno di quello che spendi. Alla fine dell’estate tornai in Irlanda, questa volta a Dublino, a lavorare in una catena di ristoranti italiani. Sono sempre stato un fan dell’arte del servire e lavorare in ristoranti è stata per me una delle maggiori risorse. Restai a Dublino per circa un anno, poi, stanco del freddo e della pioggia, decisi di andare verso il sud Europa e mi trasferii a Barcellona.
Dove vivi ancora oggi da tre anni e mezzo.
Ho lavorato due anni come organizzatore e docente di corsi di formazione in ristorazione, per conto di un’associazione iberoamericana per l’integrazione sociale. Adesso lavoro come tecnico software per la più famosa azienda al mondo di informatica, per contratto non posso nominarla, ma non è difficile da immaginare. Mi trovo bene, anche se a dire il vero sto valutando l’idea di avviare un’attività tutta mia. Sento l’esigenza di provarci e di lavorare per riuscirci, ma non parlo del progetto per pura scaramanzia.
Quali sono gli aspetti positivi e quelli negativi di questa esperienza?
Tra le difficoltà incontrate sicuramente quella piú rilevante è sempre stata il doversi adattare ad un’altra cultura, nuove abitudini, cibo diverso. Sei all’estero e quando vai al bar il caffè non è il massimo. Un’altra è quella di sapersi e doversi integrare attivamente in una nuova realtà sociale. Vivendo nel paese di nascita si danno per scontate tante cose che quando sei all’estero e non conosci nessuno, finiscono col rubarti tempo e serenitá. Per esempio, a Vasto ci si conosce tutti e se hai un problema sai già a chi rivolgerti per risolverlo, tutto è più vicino e a portata di mano, all’estero ti sembra tutto più lontano e sconosciuto. Vivere a Barcellona e riuscire a parlare più lingue nello stesso giorno sono gli aspetti positivi e grazie a questo senti di avere il mondo in tasca, perché hai imparato a viaggiare e sai sempre come esprimerti.
La consiglieresti?
Penso che i lati positivi, tutto sommato, siano sempre superiori a quelli negativi. Ho visto, sentito, mangiato e odorato tantissime cose. Restando a Vasto sarebbero rimaste solo un sogno. Quindi sì, consiglio a tutti un’esperienza all’estero, poi se ci si stanca si può sempre tornare a casa.
Avevi messo in conto di vivere all’estero?
Sicuramente sì, mi aspettavo di finire all’estero anche perché fin dal mio primo trasferimento non ho più neanche considerato l’idea di fare ritorno in Italia. Poi con tutto quello che si sente sull’Italia manca proprio un incentivo, uno stimolo a tornare.
I tuoi genitori ormai si sono rassegnati.
Sì, ma sono ben consapevoli che parlo quattro lingue, vivo in una bellissima città, dove c’è il sole tutto l’hanno e ho un lavoro. Tutte cose che in Italia è difficile trovare. Poi Barcellona ormai è più vicina di Milano e con skype riusciamo anche a vederci e parlare spesso. La mia avventura mi ha allontanato da tanta gente, però in effetti mi ha anche aiutato a capire chi sono i miei veri amici. A volte molte persone si frequentano solo perché vivono nello stesso contesto, stando all’estero capisci a chi tieni e a chi no, chi ci tiene a te e chi no. Io la chiamo “selezione naturale”.
Lavorerai a Vasto un giorno?
Sarebbe davvero la perfetta conclusione di un viaggio che però non considero ancora concluso. Mi piacerebbe però poter contribuire al miglioramento della mia città, ma al momento non la considero una scelta possibile anche se ritengo che la qualità della vita della nostra città sia davvero molto più alta rispetto a qualunque altro posto. Vuoi mettere il brodetto con la paella?
Riesci a tornare qualche volta?
Generalmente torno una volta all’anno, per Natale o per l’estate. Sinceramente preferisco passare le mie vacanze estive a Vasto, un mesetto fa bene alla salute.
Cosa ti manca di più?
I miei genitori, gli amici, i luoghi di giorno e a tarda notte, i caffè di un’ora, il mare e anche la spensieratezza che si respira.
Come hai trovato la città?
Vasto cambia spesso e in base ai periodi dell’anno, così come al ritorno dei cosiddetti “forestieri”. Se torni nelle feste comandate o in estate è sempre molto gradevole, ma tornare in vacanza fuori dal periodo di Natale o Pasqua è un po’ noioso. Per il resto è la solita Vasto, tranquilla, leggera e sempre troppo passiva, quando torno le cose migliori sono a San Salvo, Termoli o Lanciano, a Vasto ci sono sempre i Pooh.