Non ci sono elezioni più seguite al mondo. Gli occhi di centinaia di milioni di persone sono puntati sugli Stati Uniti d’America. Anche in Italia tv e siti internet nazionali si lanciano nella maratona elettorale più incerta della storia americana. Seggi aperti per il voto decisivo: gli americani scelgono tra Obama e Romney. Elezioni che tanti appassionati di politica seguiranno anche da Vasto. Oggi per ZonaLocale.it scrivono due giovani politici (46 anni in due): Nicola Della Gatta e Marco di Michele Marisi. Spiegano perché stanotte faranno il tifo per il presidente uscente o per lo sfidante.
I candidati – Sono in 6 a contendersi alla presidenza degli Stati Uniti d’America. Quattro di loro sono candidati fantasma. Prenderanno percentuali nell’ordine dello zero virgola qualcosa Jill Stein (Verdi), Gary Johnson (Partito libertario), Virgil Goode (Partito costituzionale) e Rocky Anderson (Partito della giustizia).
Di fatto, è una competizione a due tra i leader del Partito democratico e del Partito repubblicano.
Barack Obama, 51 anni, presidente uscente: eletto nel 2008 a furor di popolo col motto Yes, we can che ha fatto il giro del mondo, si è scontrato con la durissima realtà della crisi economica e della disoccupazione galoppante. Dato per perdente fino alla scorsa estate, è tornato in pista a settembre dopo la convention del Partito democratico. Dopo alti e bassi, gli ultimi sondaggi dicono che è avanti di un’incollatura rispetto al suo rivale negli stati-chiave, quelli decisivi. Rivendica la riforma sanitaria (detta Obamacare) con cui ha assicurato cure mediche a 30 milioni di persone che non potevano permettersele e il salvataggio dell’industria automobilistica. Per la sua candidatura al secondo mandato ha messo in soffitta il tradizionale slogan four more years (altri 4 anni) utilizzato dai suoi predecessori e ha scelto una sola parola: Foward! (Avanti!).
Mitt Romney, 65 anni, sfidante: ha vinto con facilità le primarie del Partito repubblicano, cui aveva partecipato anche nel 2008, ritirandosi e lasciando campo libero alla vittoria di John Mc Cain, poi sconfitto da Obama alle elezioni. A settembre era dato in netto svantaggio nei confronti del presidente uscente. Poi i faccia a faccia televisivi di ottobre e una campagna elettorale giocata all’attacco sui temi della crisi e della disoccupazione lo hanno rimesso prepotentemente in corsa. Per alcune settimane, i sondaggi avevano decretato il sorpasso nei confronti di Obama. Ora gli contende la vittoria fino all’ultimo voto.
Chi a Vasto fa il tifo per loro
Nicola Della Gatta, 22 anni, Pd: per Obama. “Non è possibile pensare che una promessa di cambiamento si realizzi in appena quattro anni. Soprattutto se questo arco di tempo é stato interamente dominato da una crisi senza precedenti, che, partendo dall’economia, ha intaccato l’insieme dei valori e delle certezze, non solo degli americani.
Già nelle settimane successive alla sua elezione, Barak Obama ha dovuto smettere i panni del Presidente del Cambiamento e vestire quelli del Presidente della Ricostruzione, costretto a correggere una strategia che era divenuta insostenibile. E, per fare ciò, non ha potuto non affrontare a viso aperto i tanti fronti e i tanti errori ereditati dal suo predecessore. Ha dovuto individuare un nuovo posto per l’America nel mondo, riconoscendo che una nazione è grande non quando usa la prepotenza della forza (come in Iraq e Afghanistan) ma quando è capace di accogliere le novità positive di rivoluzioni storiche come le tante della Primavera Araba.
Suo indiscutibile merito è quello di aver inaugurato la stagione del dialogo tra l’Occidente e il mondo islamico, con l’obiettivo di ricercare soluzioni pacifiche alle tante aree di crisi dello scacchiere internazionale.
Tuttavia non si risveglia l’entusiasmo di un popolo solo tamponando gli errori del passato: occorrono scelte riformatrici che investano su una precisa idea di futuro. In questa direzione la riforma sanitaria ha costituito, pur tra mille ostacoli ed accomodamenti, una concreta conquista culturale che, attraverso l’estensione del diritto alla cura, disegna un nuovo profilo di civiltà ed equità della società americana.
Molto resta da fare, e un secondo mandato del Presidente Obama ci permetterebbe, tra quattro anni, di definire giudizi più netti sul suo operato. Intanto, questa nostra Italia, dove l’unica risposta alla crisi sembra essere l’antipolitica, deve raccogliere la tensione verso il futuro della proposta obamiana di una Politica solidale e garante dei diritti: una speranza di fronte all’incertezza.”.