In queste ore è in viaggio verso l’Australia. Donato Olivieri, 27 anni, pizzaiolo, anzi, Campione del mondo di pizza a squadre. Due anni fa ha aperto un’attività nel centro storico di Vasto. Nel frattempo ha continuato ad ottenere riconoscimenti e vincere gare su gare. Tutto ciò non è bastato per trattenerlo a casa. Così, qualche tempo fa, preso la decisione di partire per l’Australia. Donato come tanti altri giovani che in questo momento storico stanno fuggendo via. Non solo i cosiddetti “cervelli”, di cui sempre si parla. Ma anche braccia pronte a lavorare. Lui, per la sua attività, è un po’ a metà. Perché al lavoro delle mani che impastano e creano la pizza abbina fantasia, ricerca degli ingredienti e soprattutto lo studio degli impasti e della lievitazione. Lo abbiamo incontrato alla vigilia della sua partenza.
Come mai hai preso questa decisione?
Alcuni amici mi hanno parlato a lungo dell’Australia nei mesi scorsi. Il momento di crisi che c’è in Italia e in particolare a Vasto lo conosciamo bene. Aggiungiamoci che c’è stato un aumento esponenziale dei locali, soprattutto pizzerie, anche con persone che non hanno il massimo della competenza ma “rompono” il mercato, e allora ho deciso di andare a cercare fortuna altrove, in un posto dove la figura del pizzaiolo è riconosciuta per il lavoro che fa e non per il prezzo di vendita.
Negli ultimi due anni tu avevi investito, creando una tua attività. Questo andare via lo vivi come una sconfitta?
Non è una sconfitta, ma semplicemente il rimandare a tempi migliori il mio lavoro a Vasto. Se poi comunque riuscirò a trovare fortuna altrove abbandonerò questo territorio. Per ora resterò fino ad aprile e poi tornerò qui per riaprire la pizzeria nei mesi estivi.
Dove andrai?
Per il momento andrò a Perth, dove ho già una serie di contatti lavorativi e familiari. Poi c’è una ditta italiana che produce farina che vuole tentare l’ingresso nel mercato australiano e mi ha chiesto di fare da tramite.
Come l’hanno presa a casa quando hai detto che andavi via?
All’inizio male, ma credo che sia normale. Però sembra che adesso abbiano metabolizzato la cosa.
Che cosa pensi di portare della tua professionalità?
Ho visto la tecnica di lavorazione che hanno ed è basilare, non è raffinata come quella che cerco di portare, usando tempistiche di lavorazione e maturazione più simili a quelle della panificazione. In questo cercherò di mettere a frutto la mia professionalità.
Quali sono le emozioni che provi alla vigilia della partenza.
C’è di certo il rammarico perché non sono riuscito a far valere la mia figura professionale qui nel mio territorio. Si dice sempre “nessuno è profeta in patria”. E’ la verità.
I tuoi colleghi, quelli della squadra di pizzaioli, come l’hanno presa?
Il mio compagno di squadra di Ragusa mi ha incitato e spronato molto. C’è invece un altro collega, Massimo, che non è stato molto d’accordo. Lui voleva andare in Scozia, o in un altro Paese europeo per provare a far e qualcosa.
I clienti come hanno reagito?
C’è chi è rimasto molto contento perché mi ha sempre detto che ero sprecato qui e chi l’ha presa un po’ male. Purtroppo non siamo in un luogo dove c’è la cultura della pizza. Qui purtroppo la gente preferisce bere 2 cocktail a sera piuttosto che magari mangiare una pizza di qualità.
Cosa ti aspetti da questa esperienza?
Ora come ora non lo so. Ho solo tanta voglia di lavorare ed essere apprezzato e di conseguenza guadagnare, perché no, per quello che sento di valere. Poi, trascorsi questi mesi, vedremo come sono andate le cose e deciderò per il futuro.